L’attesa di incentivi fa crollare gli ordini dei macchinari

I DATI. Nel mercato domestico il calo è del 70%. L’assenza dei sostegni statali ha bloccato le commesse Ricuperati: «Fare presto per non perdere posizioni».

«Il mercato italiano è molto fermo». Lo diceva giusto mercoledì, durante gli Stati generali della meccatronica nella sede di Confindustria Bergamo al Kilometro Rosso, Mirko Passerini, ceo di Gildemeister Italiana (gruppo Dmg Mori), che a Brembate Sopra produce macchine utensili per asportazione truciolo. «In generale, nessuno sta pensando di comprare macchine che ha già», affermava Passerini, nonostante ci sia «una grande attività a livello di offerte».

E i dati Ucimu-Sistemi per produrre, l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, non fanno altro che confermare queste parole. Nel periodo ottobre-dicembre dell’anno scorso l’indice degli ordini di macchine utensili ha segnato un calo del 31% rispetto al quarto trimestre del 2022. La causa principale, secondo Ucimu, sta «nella riduzione della raccolta ordinativi sul mercato interno», al contrario di quello estero che invece «mostra capacità di tenuta». La contrazione c’è anche oltreconfine, ma si ferma al meno 3%, mentre a livello domestico sfiora il meno 70%. Non c’è molto da indagare sulle cause, perché «il calo risente anche e soprattutto dell’effetto di attesa per le nuove misure di incentivo che si aspettavano, e tuttora si aspettano, per il 2024», come rileva la presidente di Ucimu, Barbara Colombo. Il punto è che «la discussione aperta negli ultimi mesi dell’anno da governo e Parlamento in merito alla possibilità di introdurre nuovi incentivi 5.0 ha certamente spinto le aziende a sospendere le decisioni di acquisto in attesa di chiarezza».

«Non possiamo perdere posizioni»

A riguardo, «occorre fare presto - sottolinea la presidente di Confindustria Bergamo, Giovanna Ricuperati - perché non possiamo permetterci di perdere posizioni in un contesto internazionale sempre più competitivo e reattivo». Infatti, «anche a livello locale la manifattura bergamasca sta sicuramente vivendo un momento di rallentamento e assestamento, a causa di uno scenario internazionale difficile e di un quadro macroeconomico incerto su cui pesa il rialzo dei tassi che ha comportato una sostanziale riduzione nell’ammontare dei prestiti e degli investimenti in beni durevoli». Senza contare, ricorda Ricuperati, «la stasi del mercato e degli ordinativi in Germania che si riflette direttamente sulle nostre imprese». «Gli ultimi dati congiunturali disponibili per la provincia di Bergamo evidenziano un calo dell’indice della produzione industriale della meccanica, ma anche una tenuta delle esportazioni, a riprova della maggior vitalità della domanda estera, soprattutto negli Usa».

Una schiarita potrebbe arrivare presto, però, già nel secondo trimestre dell’anno. Nel frattempo, un segnale positivo arriva da Bi-Mu, la biennale delle macchine utensili, dei robot e dell’automazione, in programma dal 9 al 12 ottobre a fieramilano Rho: le adesioni sono «decisamente superiori» a quelle dell’edizione 2022.

Secondo la presidente di Ucimu, «sarebbe utile sganciare alcuni provvedimenti dalla temporaneità delle leggi di Bilancio, così da garantire alle aziende un set di strumenti fiscali strutturali che possano permettere loro di pianificare gli investimenti nel lungo periodo». In questo modo «si permetterebbe al mercato di distribuire in modo più omogeneo la domanda, favorendo, tra l’altro, l’attività dei costruttori che potrebbero meglio programmare la propria produzione».

L’auspicio è che «l’Europa e soprattutto la Germania tornino a lavorare come in passato o anche di più, considerato che il fenomeno del reshoring può avvantaggiare i costruttori italiani già presenti nelle catene del valore tedesche», sostiene Colombo. Con riferimento alla Germania, nel periodo gennaio-settembre 2023 (ultimo dato disponibile) le vendite di made in Italy di settore sono risultate pari a 244 milioni di euro, il 10% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma il valore dell’export italiano verso la locomotiva tedesca è molto più contenuto rispetto al periodo precedente al 2018 e rispetto al record segnato nel 2008 quando ha raggiunto la cifra di 465 milioni.

«Questi dati ci dicono che possiamo e dobbiamo fare di più», dice la presidente di Ucimu. Per questo «l’associazione ha presentato al ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale una proposta di azione e collaborazione per il biennio 2024-2025, dedicata agli operatori del settore, costruttori italiani e costruttori e utilizzatori tedeschi, con l’obiettivo di avviare, insieme a loro, un dialogo su un possibile piano di azioni comuni volte a rafforzare e valorizzare le peculiarità delle due industrie e le possibili partnership in mercati di interesse condiviso».

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