«Le difficoltà continuano ad aumentare ma non ho timori sulla tenuta del lavoro»

L’intervista di fine mandato Scaglia (Confindustria): nella meccanica il 95% dei contratti a tempo indeterminato «Sono in corso progetti comuni con le territoriali lombarde: vedremo se saranno forieri di passi più importanti».

Da «uomo libero», «io il 22 parto e faccio tre giorni di vacanza al mare».

Con o senza scorta?

«Non mi hanno ancora comunicato nulla, quindi non lo so».

Eh, già, nei cinque anni di presidenza di Stefano Scaglia - capitolo che si chiuderà il 21 giugno con l’elezione del suo successore - la scorta assegnatagli non è un dettaglio di poco conto: la causa sta nelle minacce ricevute, riconducibili, in estrema sintesi, all’approccio allo scoppio della pandemia.

Com’ è vivere con la scorta?

«Ci sono state conseguenze sulla vita che conducevo con la famiglia, sulle mie passioni, sulla possibilità, per esempio, di andare in bicicletta - non sono più andato -. Sono indubbiamente molto grato a quello che hanno fatto tutti coloro che mi hanno seguito in questo periodo, che hanno sempre messo tutta la loro professionalità nello svolgere questo compito, però nel contempo ringrazio anche la mia famiglia, perché oltre al tempo che ho dedicato all’associazione, ha avuto tutta una serie di limitazioni. Mi ha sempre molto sostenuto e ha compreso questa situazione, nonostante gli innegabili disagi».

Che ricordo ha di quei giorni in cui il Covid si stava diffondendo?

«La primavera 2020 è stata un periodo di grandissima intensità, di grande difficoltà, di decisioni da dover prendere. Tutti quanti si è lavorato per cercare di fare il possibile in una situazione di grande tragedia».

Il futuro, invece, che cosa riserva?

«C’è una grande incertezza: è estremamente difficile fare previsioni. Fino ad oggi l’industria ha tenuto su valori molto alti di ordinativi con grande difficoltà sul fronte energia, materie prime e approvvigionamenti e questo avrà sicuramente delle conseguenze sui margini. Non ci sono tanti problemi di fatturato, quanto piuttosto di margini che sono in forte calo. Ci sono tante situazioni che non giocano a favore, come il prolungarsi della guerra, i tassi che sono in crescita, un fenomeno inflattivo che genera tensioni e i prezzi dell’energia di cui non si vede una diminuzione, quindi le difficoltà stanno forse aumentando».

Immagina ripercussioni a livello occupazionale nella parte finale dell’anno?

«Non credo che si arriverà a questo. È naturalmente legato a quello che sarà il ciclo economico. Se ci sarà un piccolo rallentamento, sicuramente non ci saranno conseguenze. Speriamo tutti di non trovarci in un’altra situazione tipo 2009 o tipo pandemia, ma non vedo nessun timore sul fronte occupazionale».

Uno dei «tormentoni» di questa estate è il salario minimo: crede che si ponga in antitesi alla contrattazione nazionale?

«È un tema che non tocca l’industria, perché comunque buona parte o tutti i salari tabellari di riferimento sono superiori ai famosi nove euro di cui si sta parlando. Per questo l’industria è poco o per nulla toccata da questo dibattito».

Altro tema: i bonus governativi. Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, non li trova utili, preferendo interventi come il taglio del cuneo fiscale.

«Questa è una delle posizioni che Confindustria per prima ha espresso e con soddisfazione vediamo che anche le altre parti sociali adesso si stanno rendendo conto che questa può essere la soluzione. Da sempre Confindustria è stata contraria ai bonus spot rispetto a dei provvedimenti strutturali come quello del taglio del cuneo fiscale. Bene che anche i sindacati stiano iniziando a rendersi conto che questa è la soluzione».

Invece i bonus erogati da alcune aziende ai propri dipendenti - Gewiss, Brembo, RadiciGroup - non sono anche un modo per bypassare la contrattazione sindacale?

«Questo è un tema lasciato alla sensibilità degli imprenditori, alla situazione di ogni singola impresa: ciascun azienda ha una sua peculiarità e quindi meglio di chiunque altro riesce a inquadrare la situazione del momento».

Le società del suo gruppo hanno distribuito una tantum ai lavoratori?

«No, noi no».

Sul fronte contratti di lavoro, ormai da anni tempo determinato e somministrazione sono in costante aumento a scapito del cosiddetto posto fisso.

«No, nella metalmeccanica oltre il 95% dei contratti sono a tempo indeterminato, pertanto questo non è un tema che tocca l’industria. Devo dire che, per quello che ci risulta, le aziende industriali hanno sempre investito sulle persone. A Bergamo nel settore industriale se ci sono contratti a tempo determinato funzionano solo come contratto d’ingresso con l’obiettivo di trasformarlo in tempo indeterminato».

Che cosa augura al presidente in pectore, Giovanna Ricuperati?

«Di poter avere un periodo appassionante, fatto di esperienze importanti, come quelle che ho avuto io. Sono certo che saprà essere un ottimo presidente, di visione e di capacità».

Lei la voterà?

«Beh, sì sicuramente: è il presidente designato».

Ci sono progetti di accorpamento con altre territoriali in vista, dopo quello, naufragato, con le associazioni di Lecco e Sondrio?

«Stiamo lavorando da sempre su tanti progetti a livello lombardo, con altre associazioni, su rappresentanze comuni in Europa, su tematiche di servizi. Vedremo se questa attività sarà foriera di passi più importanti e significativi».

Lo stop della produzione di auto a benzina nel 2035 potrebbe avere un impatto anche sulla nostra provincia?

«La filiera dell’auto è molto articolata, molto lunga, quindi in maniera diretta o indiretta degli impatti ci saranno. E comunque non dimentichiamo che il nostro territorio è fortemente interconnesso con altri che magari ne risentiranno forse anche di più e quindi anche noi di conseguenza, per cui questo è un punto di grande attenzione che deve essere gestito per evitare che ci siano delle conseguenze occupazionali e sociali, ma anche una perdita di competitività, di conoscenza e di competenze di cui il nostro Paese è portatore. Noi da sempre siamo stati degli innovatori sul tema dei motori, della propulsione, abbiamo inventato il “common rail” e se questo grande bacino di competenze che ci rende famosi nel mondo è destinato a essere messo da parte, è necessario trovare qualche altra tematica su cui possiamo portare la nostra eccellenza, perché altrimenti siamo destinati a una ulteriore marginalizzazione. Purtroppo vedo pochi investimenti sulla futura mobilità elettrica: se ne parla molto di più in altri Paesi dove si stanno costruendo fabbriche e stabilimenti per batterie, motori, controlli».

Che ricordo ha di Domenico Bosatelli?

«È stata una persona che lascerà un segno importantissimo sulla storia imprenditoriale bergamasca, una persona di grandi visioni, di capacità di esecuzione e di costante perseguimento degli obiettivi, che sono i grandi valori dell’imprenditore. Lui li possedeva unitamente a una grandissima passione per quello che faceva».

Che cosa le rimane di questi anni alla guida di Confindustria Bergamo?

«Di sicuro l’arricchimento grazie a tutte le persone che ho conosciuto, non solo imprenditori. E devo rivolgere un ringraziamento a tutti coloro con i quali ho avuto modo di condividere questa esperienza, alla mia squadra, a tutte le persone di Confindustria, ai presidenti delle altre associazioni, degli enti e delle istituzioni».

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