«Motori elettrici, smarcarsi dalla Cina»

Inaugurazione Eicma. Vavassori (Brembo): non dipendere da Paesi che risentono di tensioni geopolitiche. L’ex campione Agostini: «Se serve alla salute, ok alla nuova tecnologia». Sei bergamasche alla kermesse.

L’industria motociclistica italiana è alle prese con le sfide economiche, industriali e geopolitiche attuali. Se ne è parlato ieri alla fiera di Milano Rho durante un convegno organizzato nell’ambito della 79a edizione di Eicma, l’esposizione internazionale delle due ruote. Sul palco, insieme ai rappresentanti di Honda, Yamaha, Ducati, Piaggio e Fantic, c’era anche Roberto Vavassori, che siede nel cda di Brembo.

In un mondo segnato da guerre calde e fredde, come quella in Ucraina e quella tra Stati Uniti e Cina, si ragiona su filiere corte e friend-shoring, ma per gli imprenditori presenti non sembra essere questa la soluzione. Claudio Domenicali, ceo della Ducati, fresca di titolo mondiale in MotoGp con Pecco Bagnaia, ha ricordato: «Noi non possiamo influenzare un mondo in cui la lastra di silicio parte dall’Italia, viene lavorata prima in Indonesia, poi in Cina e infine in Giappone, e da lì torna in Germania per essere applicato sui componenti che noi compriamo da un nostro fornitore di questo Paese. Trovo quindi evanescente il tentativo di accorciare le catene di produzione, perché ad esempio le terre rare vengono raffinate in Cina, che in questo ha costruito un monopolio mondiale». Anche secondo Michele Colaninno di Piaggio «la globalizzazione rimane una opportunità», perché «l’Europa ha ormai perso il treno di alcune produzioni fondamentali per il nostro settore come quelle dei microchip».

Vavassori: solo l’innovazione tecnologica «può salvare l’Europa e le sue filiere produttive. Le 27 gigafactory europee in cui si produrranno le batterie per le auto elettriche saranno basate su tecnologie coreane, giapponesi e solo parzialmente taiwanesi. «Occorre uno sforzo per produrre sistemi di accumulo competitivi senza dipendere dall’approvvigionamento di materiali provenienti da Paesi che possano risentire delle tensioni geopolitiche contemporanee»

Vavassori di Brembo ha invece proposto un punto di vista diverso, partendo da una considerazione: «I macchinari che producono i chip nel mondo per l’80% vengono prodotti da un’azienda olandese, Asml, che ci invidiano americani, cinesi e taiwanesi. È un’eccellenza mondiale che l’Unione europea deve difendere con tutta la propria forza». Sulla dipendenza dalla Cina per le terre rare, Vavassori ha annunciato alla platea di Eicma: «Nei giorni scorsi ho incontrato un produttore di componentistica per l’automotive che si sta impegnando per motori elettrici senza terre rare e vuole riuscirci entro il 2026». Ecco perché Vavassori è convinto che solo l’innovazione tecnologica «può salvare l’Europa e le sue filiere produttive: le 27 gigafactory europee in cui si produrranno le batterie per le auto elettriche saranno basate su tecnologie coreane, giapponesi e solo parzialmente taiwanesi. Occorre uno sforzo per produrre sistemi di accumulo competitivi senza dipendere dall’approvvigionamento di materiali provenienti da Paesi che possano risentire delle tensioni geopolitiche contemporanee».

L’alternativa è «venire inondati, nel giro di pochi anni, dalle auto elettriche cinesi a basso costo». Per riuscirci, poiché l’80% del valore dei veicoli è dato dal valore dei loro componenti, «dobbiamo mantenere la nostra leadership in alcune nicchie di mercato, portando valore aggiunto apprezzato dai nostri clienti. Ecco perché io sono convinto che accorciare le catene di fornitura sia una soluzione percorribile e auspicabile. Certamente le interconnessioni ci saranno sempre, ma in Italia dobbiamo diventare maestri di economia circolare: i materiali da recuperare devono diventare le nostre miniere».

Agostini: con tutto quello che è stato speso per sviluppare il motore elettrico, forse si sarebbe potuto migliorare molto il motore tradizionale, sia in termini di minor inquinamento, sia come consumi

Ospite d’onore della kermesse l’ex campionissimo di motociclismo, il bergamasco Giacomo Agostini, secondo cui, «con tutto quello che è stato speso per sviluppare il motore elettrico, forse si sarebbe potuto migliorare molto il motore tradizionale, sia in termini di minor inquinamento, sia come consumi». E ammette: «Io sono nato con il motore tradizionale, ma se serve per la nostra salute e per il futuro dovremo accettarlo (l’elettrico, ndr)». All’edizione di quest’anno, che chiuderà domenica, partecipano sei aziende bergamasche: Brembo, Acerbis di Albino, Airoh di Almenno San Bartolomeo, Caberg di Azzano San Paolo, Ozone di Bergamo e Polini di Alzano Lombardo.

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