«Olio, qualità buona ma prezzi più alti»

STAGIONE 2023. Produzione «a macchia di leopardo»nella Bergamasca. Raccolta ridotta nell’alto Sebino.

Dopo un andamento altalenante (con il 2020 caratterizzato da raccolto abbondante, 2021 azzerato, 2022 buono in termini di quantità), quest’anno la produzione di olio d’oliva bergamasco sarà «a macchia di leopardo».

La definizione arriva da Marco Antonucci, assaggiatore ed esperto internazionale, che spiega: «Nei mesi scorsi abbiamo registrato fenomeni meteorologici contrastanti che hanno influito in maniera decisiva sulla maturazione delle olive: violente grandinate hanno interrotto lunghi periodi di siccità. Così, in particolare negli oliveti dell’alto Sebino che sono stati attraversati dalle tempeste di luglio, sulle piante non è rimasto praticamente nulla e gli olivi più giovani sono stati gravemente danneggiati fino a metterne in dubbio la sopravvivenza stessa».

Il problema siccità

Anche la siccità in provincia di Bergamo, dove Coldiretti stima che siano 200 gli ettari di terreno destinati all’olivicoltura e circa 75 mila le piante, «rappresenta un problema – continua Antonucci - perché gli impianti di irrigazione sono generalmente poco diffusi». Ma non è finita qui: «Il caldo di inizio ottobre ha creato qualche problema alle prime raccolte perché con la temperatura troppo alta le olive si guastano facilmente: il tempo di raccoglierle dalle reti e di andare in frantoio e già si corre il rischio di incappare nella loro fermentazione». La pioggia di questo giorni ha invece inciso sul ritmo della raccolta, rallentandola in alcuni casi.

Detto questo, secondo l’assaggiatore loverese le prospettive non sono tutte fosche. «Chi è riuscito a irrigare i propri oliveti, chi è riuscito a proteggere le piante dalla grandine, si ritrova con piante cariche di olive belle e sane e l’olio che verrà prodotto sarà di qualità».

Il lungo caldo estivo ha infatti scongiurato il pericolo della mosca e i cambiamenti climatici in atto favoriscono la diffusione di oliveti a quote più elevate rispetto al passato: «Penso a un territorio come quello di Solto Collina – aggiunge curatore del podcast Gocce d’olio – fino a pochi anni fa gli inverni erano caratterizzati da numerose gelate che facevano morire le piante, oggi ha un clima ideale per l’olivicoltura». Ma i cambiamenti climatici non riguardano soltanto il lago di Iseo: «In una regione come lavValle d’Aosta in cui storicamente l’olivicoltura era assente ci sono già una trentina di produttori attivi». Allargano lo sguardo, le difficoltà che si registrano sul Sebino sono sovrapponibili al panorama nazionale: «Ci sono regioni che quest’anno meno olio del solito, come Lazio e Liguria, altre invece come Abruzzo, Sicilia e Calabria dove l’annata si annuncia decisamente positiva».

Prezzo in crescita

Un’altra previsione è già possibile e non farà contenti i consumatori: il prezzo dell’olio dell’oliva è destinato a crescere in maniera considerevole. «Tutto parte - conclude Antonucci - dalle poche giacenze di olio in Spagna, il primo produttore al mondo: l’anno scorso l’olio andaluso veniva scambiato fra i tre i 4 euro al chilo, oggi siamo a 8,70 euro. L’olio italiano è passato da 6 euro a 9 euro. Io però invito i consumatori a prendere questo rialzo come un’opportunità: anzitutto, si riduce la forbice di prezzo tra questo olio, diciamo da supermercato, e quello dei piccoli produttori del Sebino: forse è arrivato il momento di provare oli sicuramente più costosi ma anche più vicini al nostro territorio, sostenendo una filiera corta a vantaggio dell’economia locale. In seconda battuta, non ci dobbiamo fasciare il capo prima del tempo: l’olio incide poco sul paniere della spesa di una famiglia italiana, mediamente se ne consuma un litro al mese, per cui in un anno l’incremento è di poche decine di euro».

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