Produzione, frena l’industria orobica dopo 9 trimestri consecutivi di crescita

CONGIUNTURA. Calo del 2,5% rispetto al 2022: ordini in picchiata, in discesa anche l’artigianato che resta positivo. Male soprattutto tessile, gomma e chimica. Mazzoleni: «Inflazione e flessione tedesca incidono sui nostri numeri».

Arriva la frenata, nel secondo trimestre dell’anno, per la produzione dell’industria orobica, con un -2,5% rispetto allo stesso periodo del 2022: si tratta della prima variazione negativa dopo nove trimestri consecutivi di crescita. Per le imprese artigiane il dato rimane invece ancora lievemente positivo (+0,2%), ma in netto rallentamento rispetto agli incrementi dell’ultimo periodo.

Una variazione congiunturale, che, rispetto al trimestre precedente, conferma il marcato ripiegamento dell’industria (-1,1%) e il sostanziale «appiattimento» dell’artigianato (-0,1%), con un calo che coinvolge anche fatturato e ordini e si riflette sulle aspettative che registrano un peggioramento, in particolare da parte degli imprenditori artigiani, che evidenziano i livelli di fiducia più bassi degli ultimi tre anni.

I settori

Per quanto riguarda i settori, il segno negativo risulta largamente diffuso: in particolare il «segno meno» riguarda tessile, gomma-plastica e chimica, per citare tre comparti rilevanti dell’industria bergamasca. Ancora lievemente positiva la meccanica, che rappresenta il settore più grande dal punto di vista occupazionale.

A livello di prezzi, i listini industriali stanno ora visibilmente rallentando (incremento congiunturale pari a +0,9%) sulla scia della frenata evidenziata dai costi delle materie prime, che aumentano del +1,1% nell’ultimo trimestre dopo aver raggiunto tassi di crescita a due cifre negli anni scorsi.

A preoccupare in modo particolare sono gli ordini che registrano una caduta importante (-4,1%): se è vero che variazioni negative erano già emerse nei trimestri scorsi, in presenza tra l’altro di uno stock di commesse inevase, in questo caso l’intensità del calo risulta particolarmente significativa. Indizi di difficoltà sul fronte della domanda emergono inoltre dai giudizi sulle scorte di prodotti finiti, che vedono una prevalenza di eccedenza rispetto a quelle di scarsità (saldo pari a +2,9), come non succedeva dal 2020.

L’occupazione tiene

Continua invece il trend positivo dell’occupazione, che al netto delle oscillazioni stagionali non ha mostrato rallentamenti negli ultimi due anni e mezzo: la variazione del numero di addetti tra inizio e fine trimestre è pari al +0,4%. Stabile invece l’utilizzo della cassa integrazione, che ha riguardato il 7% del campione. Come detto poi, meno rosee che in passato le aspettative degli imprenditori industriali, che temono un ribasso sia per produzione che per domanda interna ed estera, con l’esclusione dell’occupazione. I timori riguardano soprattutto gli effetti dell’inflazione sul potere d’acquisto delle famiglie per quello che riguarda la produzione di beni di consumo e la salita dei tassi di interesse sulle vendite di beni di investimento.

Meglio l’artigianato, che mostra più resilienza rispetto all’industria, come già evidenziato nei trimestri scorsi: la variazione su base annua si mantiene infatti in territorio lievemente positivo (+0,2%), benché evidenzi un sostanziale esaurimento della fase di crescita registrata negli ultimi anni.

Le valutazioni sulle scorte confermano una prevalenza di indicazioni di scarsità rispetto a quelle di eccedenza. A differenza dell’industria il numero di addetti mostra invece una lieve contrazione (-0,2%), von una percentuale di imprese che dichiara di aver fatto ricorso alla cassa integrazione è ancora bassa (3,2%), seppur in lieve aumento rispetto ai trimestri precedenti.

Anche le aspettative degli imprenditori artigiani per il prossimo trimestre segnano un marcato peggioramento, soprattutto per quanto riguarda produzione e domanda interna: su entrambe le variabili il saldo tra previsioni di crescita è in netta diminuzione.

«La produzione industriale entra con il secondo trimestre dell’anno in territorio negativo - spiega il presidente della Camera di commercio Carlo Mazzoleni -: dopo nove trimestri positivi, in sostanza dopo l’arresto per la pandemia. Ma il rallentamento della produzione lo si osservava già da un anno. L’artigianato resiste, ma il calo degli ordini è più acuto che per l’industria e questo ci può dare indicazioni sull’evoluzione futura. Purtroppo la fase congiunturale negativa della Germania, nostro principale partner commerciale, dell’inflazione, del rialzo dei tassi di interesse e della fine degli incentivi agli investimenti 4.0 produce i suoi effetti».

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