Ritorno delle Km zero: in provincia riguarda l’acquisto di un’auto su 5

IMMATRICOLAZIONI. A settembre tornata forte la modalità che consente consegne più veloci e risparmi del 20-25%. Vendite cresciute del 18% rispetto allo stesso mese 2022.

Una su 5. Il 20% delle vetture immatricolate è a «Chilometri zero», cioè targata a nome della concessionaria, che poi la reimmette sul mercato dell’usato. «Il fenomeno è tornato alla ribalta – conferma Paolo Ghinzani, presidente del gruppo Concessionari Ascom Confocommercio Bergamo e direttore di Ghinzani Group – e ormai il mercato è fatto per il 20% (e anche di più) dalle Km zero che sono pronte alla consegna e permettono mediamente un risparmio tra il 20 e il 25% rispetto a quelle nuove. Anche nella nostra provincia siamo attorno a quella percentuale».

Confermati i motivi: «Tutte le auto che arrivano in consegna dalle Case automobilistiche vanno per la maggior parte ai clienti finali che le hanno ordinate. Il resto, per rispettare i limiti di budget fissati dai costruttori, viene immatricolato a nome delle concessionarie, che poi riversano queste vetture sul mercato dell’usato». Il fenomeno si è acuito perché ora le consegne delle Case automobilistiche non sono più così rallentate come ai tempi della mancanza di microchip.

In Bergamasca settembre ha chiuso con un +18,2% di vetture targate sullo stesso mese del 2022, con tutte le alimentazioni di motore in positivo, ad eccezione delle diesel (-11,9%). A livello nazionale la crescita è maggiore (+22,8%), ma in questo caso bisogna considerare che la quota comprende anche la targatura delle grandi società di noleggio, non presenti nella nostra provincia.

Come detto, c’è da osservare che il risultato positivo è determinato anche dal superamento della fase critica per la produzione che ha afflitto il mercato delle auto da settembre 2021, per cui ora giungono all’immatricolazione auto ordinate diversi mesi fa e rimaste in attesa di consegna.

È il caso, ad esempio, della statunitense Tesla, che il mese scorso aveva messo a segno un exploit di consegne in provincia proprio per l’arrivo massiccio di vetture ordinate nei mesi scorsi.

Pur facendo registrare a Bergamo un +7,1%, le auto con batteria elettrica tornano a scendere, con quote a livello nazionale del 3,6% per le Bev (totalmente elettriche), del 4% per le ibride con ricarica elettrica e del 7,6% per le ibride. Nella nostra provincia le percentuali di crescita sono state rispettivamente del 7,1%, 30,9% e 21,3%.

«L’elettrico non decolla perché la gente non è ancora pronta – sottolinea Ghinzani -; i prezzi sono ancora alti e anche le vetture ad alimentazione termica hanno visto salire il listino. Sotto i 20mila euro c’è un buco che presto sarà coperto dai costruttori cinesi. Il loro ingresso sul mercato è già iniziato, anche in Europa, e nei prossimi mesi vedremo arrivare marchi finora sconosciuti che offriranno prodotti a prezzi più accessibili». Le difficoltà che incontra l’automobilista medio nell’acquistare una vettura nuova sono evidenziate anche dal fatto che «circa il 70-80% dei contratti prevede un finanziamento, con rateazioni che se prima avevano una durata media attorno ai 36/48 mesi ora arrivano anche a 84/96 mesi, per abbassare il valore della rata» e rendere abbordabile l’operazione.

Altrimenti ci si orienta sull’usato. «La gente ha meno liquidità – precisa Loreno Epis, presidente della categoria Autosalonisti di Ascom Confcommercio Bergamo e titolare dell’omonima rivendita di auto di Scanzorosciate – per cui va alla ricerca di vetture che hanno prezzi più contenuti. Così si spiega perché i passaggi di proprietà delle auto di seconda mano sono 4 volte le immatricolazioni. Sulle quali poi pesa la quota delle Km zero, che drogano il mercato. Senza questa fetta di targate avremmo dei dati maggiormente reali. Questa è la fotografia del mercato». Sul mancato decollo dell’elettrico, che in Italia ha una quota che annaspa tra il 3 e 4%, nonostante gli incentivi, Epis osserva che «il mercato non è ancora maturo, altrimenti andrebbe avanti con le sue gambe. Lo si è visto anche in Germania, dove da una quota del 20% si è crollati al 10% nel momento in cui hanno eliminato i contributi».

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