Alta tensione in Regione sui binari di Trenord

POLITICA. Pare che per sanare il rischio di un’implosione sia servita una telefonata tra gli inquilini di due palazzi di peso: Chigi e Lombardia.

L’affondo di Fratelli d’Italia sulla gestione di Trenord non è piaciuto per nulla al presidente della Regione Attilio Fontana e alla Lega, anche perché non si tratta di un caso isolato. Proprio no. E così si vocifera di un colloquio più o meno chiarificatore nientemeno che con la premier Giorgia Meloni per evitare ulteriori fughe in avanti delle truppe di Fratelli d’Italia, forti di un consenso elettorale indubbio, reiterato e pesante che qualche problemino di tenuta lo sta creando in un centrodestra finora a trazione leghista e, prima ancora, forzitaliota. La bacchettata via mail del neoassessore ai Trasporti (delega scorporata dalle Infrastrutture rispetto al mandato precedente) Franco Lucente ai vertici della società mista Stato-Regione sulla gestione del servizio ferroviario non è piaciuta per nulla agli alleati, anche perché non sarebbe stata concordata con nessuno. A dire il vero l’assessore aveva già espresso i medesimi concetti a mezzo comunicato stampa già una settimana prima, ma evidentemente senza ottenere l’effetto sperato. Da qui, probabilmente, la scelta di alzare il tiro.

Del resto non è un mistero che le truppe meloniane in sede di spartizione delle deleghe abbiano fatto il diavolo a quattro per avere i Trasporti. Che di loro, normalmente, vogliono dire solo rogne in serie, ma già allora molti avevano intuito che l’obiettivo finale fosse in realtà Trenord. Intesa come posti da occupare. Per la cronaca il Cda attuale scade con l’approvazione del bilancio 2023, quindi si può dire che la battaglia è già iniziata, eccome. Fermo restando che il primo round potrebbe essere tutto interno a Fratelli d’Italia, in Lombardia divisa almeno in 2 se non 3 fazioni, come già le trattative per la composizione del Fontana bis hanno fatto emergere.

Sullo sfondo la realtà di una società complessa e discussa come Trenord che avrebbe dovuto incarnare quel federalismo su rotaia voluto dai formigoniani e fatto proprio (hai visto mai...) dalle truppe leghiste, ma che alla prova dei fatti non ha mai davvero convinto. Una sorta di ircocervo dove non si capisce mai chi comandi davvero. O meglio, quasi sicuramente le Ferrovie, presenti sì pariteticamente con Trenitalia, ma di fatto detentori quasi assoluti della rete, ovvero dei binari, tramite Rfi. E se i due pianeti non si allineano si possono anche comprare migliaia di treni, ma senza le rotaie per farli andare non si farà mai molta strada. Sicuramente non quella necessaria ai pendolari lombardi.

Tutte le altre Regioni hanno optato nella quasi totalità per l’assegnazione diretta del servizio ferroviario a Trenitalia, qualcuna ha abbozzato una gara che alla fine ha vinto ancora la medesima società. Questo per far capire come soluzioni alternative all’affidamento a Trenord in Lombardia non se ne vedano, al di là delle richieste di messa in gara a tratti velleitarie: perché un conto è farlo per qualche linea minore (ma si può comunque tentare, anche solo per vedere l’effetto che fa, visto che Trenitalia non potrebbe partecipare perché in Trenord...), un altro l’intera rete di una regione che come numero di passeggeri vale da sola le successive tre classificate messe insieme.

Il che non vuol dire che le cose da sistemare in Trenord manchino (anzi...), ma la prima conseguenza delle tensioni nel centrodestra appare proprio un indebolimento della società, per giunta alla vigilia di un’ attribuzione decennale del servizio. In sostanza il centrodestra rischia di sconfessare se stesso, e la strenua difesa di Trenord tenuta finora, iniziando una guerra interna dagli esiti imprevedibili, dove questa potrebbe essere solo la prima puntata. Le avvisaglie c’erano state anche su qualche passaggio in Sanità e sulle infrastrutture, tutto in manco 6 mesi dalle elezioni. Con il rischio di uscire già fuori dai binari.

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