America, la pena capitale tra plotoni d’esecuzione e camere a gas: barbarie

Ha destato profonda e diffusa indignazione la scarcerazione di Giovanni Brusca, 64 anni, ex killer di Cosa Nostra, autore il 23 maggio 1992 della strage di Capaci. È l’effetto della legge del 4 giugno 1991. Ha finito di scontare la pena detentiva di 25 anni: avendo scelto di collaborare con la giustizia infatti, grazie a quella norma ha ottenuto gli sconti previsti. Brusca ha commesso o ordinato 150 omicidi, compresa la brutale morte di Giuseppe Di Matteo, il figlio di 11 anni del pentito Santino: il bambino fu strangolato e sciolto nell’acido perché il papà collaborava con la giustizia. Per una tragica beffa la legge contestata (anche dai partiti, che avrebbero il potere di cambiarla se non gli garba...) fu voluta con insistenza proprio dal grande giudice Giovanni Falcone, morto a Capaci insieme alla moglie Francesca e a tre uomini della scorta, e fu approvata pochi giorni dopo l’eccidio.

«La legislazione premiale - disse il magistrato palermitano in un convegno nel 1986 - consente una chiave di lettura dall’interno della criminalità organizzata, aprendo importanti brecce nel muro dell’omertà. Chi collabora con lo Stato difficilmente potrà rientrare nel circuito della criminalità, cioè nello stesso ambiente di cui fanno parte i soggetti dei quali ha denunciato i misfatti. Senza un intervento legislativo che preveda effetti favorevoli per il pentito, il fenomeno della collaborazione con la giustizia è destinato ad esaurirsi in breve tempo». Franca Imbergamo, da pm della Procura di Palermo ha raccolto le rivelazioni di Brusca («che hanno consentito di smantellare diversi clan» ha ricordato) e oggi è il sostituto della Procura nazionale antimafia che segue il dossier sull’ex di Cosa Nostra: «Per la premialità - ha aggiunto - non basta una dichiarazione di principio, bisogna contribuire concretamente a vanificare l’organizzazione mafiosa. Questo ha fatto Brusca in questi anni».

Ora l’ex detenuto sarà sottoposto a controlli, protezione ed a quattro anni di libertà vigilata, su decisione della Corte d’Appello di Milano. La mafia lo braccherà per ucciderlo, come capita a tutti i pentiti, considerati «infami». Nelle polemiche seguite alla scarcerazione è stato giustamente chiamato in causa il dolore dei parenti delle vittime di Brusca. La sorella di Giovanni Falcone, Maria, ha detto: «Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata».

Tra le reazioni, non solo sui social, c’è chi ha invocato la pena di morte per Brusca. Del resto secondo un recente sondaggio il 43% degli italiani è a favore delle esecuzioni capitali. Ma la civiltà di uno Stato si misura anche dalla capacità di non usare gli stessi metodi delle organizzazioni criminali. Non quindi vendette o leggi del taglione ma giustizia. Per la nostra Costituzione la finalità della pena è comunque rieducativa. L’unico Paese occidentale che applica la pena capitale sono gli Usa. Ma 22 Stati federali l’hanno abolita e 13 hanno applicato una moratoria: è scientificamente dimostrato infatti che le esecuzioni non fanno abbassare il numero dei reati, anzi, legittimando l’uccisione li fanno salire. Negli Stati dove è ancora in vigore la pena capitale si assiste a un imbarbarimento: il South Carolina, guidato da un governatore fedele a Trump, ha introdotto il plotone d’esecuzione (in vigore in altri tre Stati) per superare le difficoltà nel reperire i veleni per le iniezioni letali: molte case farmaceutiche e tanti Paesi ne hanno vietato l’esportazione negli Usa per motivi umanitari. Impedimento che ha portato invece l’Arizona ad acquistare gli ingredienti per realizzare l’acido cianidrico, componente del famigerato Zyklon B, usato ad Auschwitz. Per le esecuzioni capitali sarà così riutilizzata la camera a gas, ferma dal 1999. Se questa è civiltà...

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