Banche, la lotta all’inflazione

ITALIA. Nella relazione annuale del governatore Visco ci sono i suoi ricordi e un po’ il bilancio del suo mandato. Ci sono i grandi temi dell’evoluzione globale e quelli della transizione ecologica e sociale verso una società più giusta e inclusiva. E c’è l’analisi economica e dell’assetto del sistema finanziario.

Queste cose si collegano perché al mondo delle banche viene sempre più affidato il compito di accompagnare e di favorire la lotta alla crisi climatica e importanti obiettivi sociali come la riduzione delle disuguaglianze e l’inclusione delle fasce svantaggiate o discriminate. O forse è solo sempre più evidente il ruolo decisivo che il sistema finanziario può esercitare in questi ambiti.

Ma Visco non è il presidente di una onlus e nemmeno di un governo, bensì di una banca centrale, peraltro appartenente al sistema delle banche centrali europee. Ha competenze e leve operative limitate agli strumenti della politica monetaria e della vigilanza sulle banche e sugli intermediari finanziari. Dunque persegue l’equità combattendo l’inflazione, pur consapevole dei contraccolpi negativi della restrizione monetaria, perché questa danneggia di più i deboli e gli indifesi. Agisce contro la crisi ambientale inducendo le banche a considerare e a gestire i rischi climatici cui sono esposte e a favorire l’impegno delle imprese verso una rapida ed efficiente transizione green. Esse dovranno «dotarsi di adeguati modelli di valutazione dei rischi climatici, da incorporare nei propri processi operativi» e assistere le aziende a maggiore impatto carbonico «nell’intraprendere la strada di una decisa riduzione delle emissioni».

Fra i temi più tecnici affrontati da Visco due passaggi meritano di essere sottolineati. L’unione bancaria europea non è ancora completata. Manca il sistema unico di tutela dei depositi, su cui alcuni Paesi mitteleuropei fanno resistenza, ma manca anche la ratifica del MES, questa volta per la solitaria opposizione dell’Italia. Poi si potrà, secondo Visco si dovrà, accrescere la coesione dei bilanci pubblici, fino alla possibilità di prevedere l’emissione di titoli di debito comune europeo. Nell’ambito delle nuove regole di bilancio dell’Unione, l’Italia dovrà proseguire il percorso di rientro dal debito eccessivo non perché «ce lo chiede l’Europa» ma perché è la premessa di un rilancio stabile e durevole del sistema economico nazionale.

Sullo stato delle banche europee e italiane in particolare, Visco chiarisce che non sono fortemente esposte ai rischi di liquidità che hanno colpito alcune istituzioni americane in questa primavera. O meglio: devono sì confrontarsi con quei pericoli, ma hanno difese più robuste grazie a una diversa struttura della raccolta, più diversificata e più stabile perché effettuata presso il pubblico delle famiglie delle imprese, e a maggiori riserve di liquidità. Certo, la svalutazione dei titoli di Stato è un fattore di debolezza anche per loro, ma è contenuto entro un livello tollerabile. Comunque gli eventi di crisi delle banche americane debbono essere una lezione da studiare anche da parte nostra e suggerire alcuni affinamenti del nostro quadro normativo.

Questa fase economica è piena di incertezze, a breve e a lungo termine. La crescita è più debole del previsto e l’inflazione scende troppo lentamente. Anche la Bce appare piuttosto disorientata e infatti non annuncia una linea d’azione netta ma ripete che agirà sulla base dei dati. L’unica cosa certa è la determinazione a usare la politica monetaria per impedire che l’inflazione si radichi attivando meccanismi di rincorsa fra prezzi e salari che sarebbero difficili da disinnescare. Ma la battaglia è in corso, non è ancora vinta.

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