Catastrofe senza fine con il crollo della diga

MONDO. E tra i due litiganti… la diga non c’è più. Chissà perché chi ha vera esperienza di queste realtà slave sapeva perfettamente che erano in serio pericolo i bacini contigui, finiti di costruire nel 1958 sul fiume Dniepr per fornire acqua alla vicina penisola di Crimea e alla centrale atomica di Zaporizhzhia.

A pensar male qualche volta ci si azzecca. Anche perché, da mesi, russi e ucraini – non dimenticandosi mai chi ha provocato l’aggravamento di questa tragedia 16 mesi fa – stanno alzando la posta all’inverosimile e i colpi bassi non mancano, come purtroppo accade in qualsiasi situazione conflittuale.

Il pensiero va subito alla condotta Nord Stream - opera mastodontica fiore all’occhiello dell’export di gas del Cremlino sotto al Baltico - misteriosamente distrutta da alcune esplosioni sottomarine nel settembre scorso. E si trasforma in un incubo tale pensiero, quando all’improvviso viene in mente che la stessa centrale atomica di Zaporizhzhia è al centro della contesa tra Mosca e Kiev con l’Agenzia internazionale atomica intervenuta d’urgenza.

Cosa è allora successo alla diga di Kakhovka? Tutte le ipotesi, lo sottolineiamo subito, sono possibili. Lo scambio di accuse tra le parti in causa non aiuta a stabilire la verità, sempre che questa sarà mai possibile scoprirla. Sta di fatto che la diga, controllata dai militari russi, è crollata, provocando una catastrofe. Mesi fa la struttura, nell’ottobre scorso minata, era stata oggetto di bombardamenti che avevano ridotto la possibilità che mezzi pesanti potessero percorrerla nella sua sezione stradale. Poco prima della fine di maggio un satellite aveva verificato lo stato della diga e all’apparenza sembrava tutto a posto. Come hanno spiegato ingegneri e idrografi dei due Paesi slavi, un piccolo «foro» sotto alla linea di galleggiamento nell’arco di un breve lasso di tempo può portare al collasso dell’intera edificazione. «L’acqua è in grado di tagliare persino l’acciaio», uno specialista ha segnalato.

Incuria per mancanza di manutenzione, danno provocato dai mesi di bombardamenti, piccola esplosione voluta per provocare il «foro» fatale. Il risultato finale è una catastrofe ecologica spaventosa, economica difficile al momento da quantificare, umana facilmente comprensibile per le migliaia di persone restate senza casa.

E quali conseguenze vi saranno sulle campagne della regione di Kherson, sapendo che l’Ucraina rimane uno dei granai del mondo e dà sollievo con le sue derrate all’Africa affamata? Attenzione il dramma è solo all’inizio: è andato distrutto il ramo superiore del bacino di Khakovka. Ma cosa succederà quando l’onda di piena arriverà al ramo inferiore, oggi non controllato dalle parti e senza osservatori neutrali? Il ramo inferiore reggerà?

Militarmente parlando, a chi poteva convenire la distruzione della diga? Come è possibile che la struttura sia collassata proprio adesso quando è in corso la controffensiva ucraina? Stando agli esperti, l’allagamento delle campagne non permetterà a Kiev, a breve, di utilizzare carri armati pesanti nella sua avanzata. Ma allo stesso tempo, tra qualche settimana (quando le acque si ritireranno), le difese russe diventeranno molto più vulnerabili. Insomma non è chiaro a chi possa essere convenuta una mossa del genere.

Un ultimo elemento fondamentale: la regione di Kherson è la «porta» di ingresso della Crimea, vero «cuore» della disputa tra i due Paesi slavi. Se Zelensky desidera ridimensionare la popolarità di Putin deve conquistare la penisola. Il Donbass, pieno di centri abitati, è troppo complicato da prendere; la battaglia di Bakhmut – in corso da mesi - insegna.

Bene fa il Vaticano a rafforzare i canali di comunicazione tra russi e ucraini con il cardinale Zuppi. Corretta - in un momento come questo in cui la volontà guerriera è salda - è anche la proposta italiana di mettere in sicurezza la centrale atomica di Zaporizhzhia. Visti i chiari di luna, prepararsi al peggio, è necessario. I danni collaterali possibili troppo gravi. Anche perché un’altra Cernobyl’, questa volta un po’ più a sud, ma sempre in Ucraina, sarebbe davvero troppo! La lezione della diga di Kakhovka non venga dimenticata.

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