Dall’Europa un segnale
finanziario e politico

La svolta del «recovery fund», ora Next generation», presentato al Parlamento europeo da una von der Leyen molto determinata, si allarga oltre i 500 miliardi a fondo perduto indicati da Germania e Francia. È come se si formasse, via via, una matrioska finanziaria e politica sempre più grande.
Prende vita un nuovo contenitore da 750 miliardi, solo 250 dei quali di prestiti a bassissimo costo, con orizzonte 2058. Per l’ Italia è previsto rispettivamente un intervento di 82 e 91 miliardi (totale 172,6, alla Germania: 28 e zero).

Ma la dimensione complessiva di ciò che Bruxelles mette in campo sotto diverse forme è di 2.400 miliardi. Cifre che dovrebbero chiarire anche ai più scettici che la partita globale si affronta sulla grande dimensione. Melanconica e senza respiro la chiusura dei sovranismi presenti in forti minoranze tedesche, a Nord e Est, ma anche italiane e francesi e di quelli che osteggiano l’ Europa solo per lucrare contributi maggiori, come i Paesi dell’ Est illiberale. Sono solo le bamboline più piccole della matrioska che sta formandosi, quelle di una presunta «frugalità» che è egoismo, e che disprezzano la parola solidarietà, che la presidente della Commissione europea ha comunque sostituito per l’ occasione con il termine resilienza, ovvero la necessità di rispondere in modo flessibile e dinamico alla più grande crisi globale della nostra epoca.

Se non fossimo stati tante volte delusi dalle contraddizioni di questa Europa che pure non avrebbe scampo se divisa come la vorrebbero gli Stati Uniti di Trump, la Cina e la Russia, e alla mercè persino dei ricatti della Turchia, parleremmo di una svolta epocale, di crisi come opportunità straordinaria. Qualcosa di importante sta avvenendo certamente. È vero che c’ è sempre un pò di arroganza quando si muove il binomio Merkel-Macron, è vero che l’ Italia appare sempre non pervenuta, persino ora che è la terza forza europea. Ma nella sostanza, la conferenza francotedesca ha segnato qualcosa di inaspettato, che ha oggettivamente incoraggiato il rilancio finanziario e politico di Bruxelles. Il segnale viene dalla Germania, che per la prima volta ha dato il via alla sottoscrizione di un debito comune, e al tempo stesso ha rotto gli argini esistenti fino all’ ultimo Consiglio europeo sulle erogazioni a fondo perduto, che sembravano solo simboliche.

All’ Italia, che già riceve dalla Bce più di quanto pesa economicamente (nei primi mesi 2020: 25 miliardi Italia, 5 Germania), arriverà una quota proporzionale non alla sua forza in Europa (circa il 12%), ma ai guai che sta attraversando. Si calcolano 82 miliardi senza restituzione, più di quello che ha già stanziato a debito in questa terribile primavera. Come dire, due decreti gratis e ancora un po’. Uno spiraglio per la riforma fiscale di Gualtieri (-10 miliardi).

Il consenso interno che ha consentito alla Merkel di forzare la mano, e l’ europeismo ostentato di Macron, hanno incoraggiato la Commissione ad andar oltre (è la novità di ieri), cioè non solo di usare un bilancio più grande come contrappeso, ma di usare risorse fiscali proprie (plastic tax, tassa CO2, tassa web come risposta dura a Trump) per garantire i miliardi che raccoglierà sul mercato. A noi sembra il primo sospirato esperimento di eurobond, scusate se è poco, perché per la prima volta Bruxelles agirebbe come uno stato «normale»: fisco a garanzia di finanziamenti. Un passo verso una Bce banca anch’ essa normale?

Osiamo troppo? Di fatto, visti i diversi interessi che pagano i Paesi sul proprio debito (noi almeno 1,64%, la Germania -0,5%, la Francia -0,02%), è come se i Paesi più ricchi trasferissero risorse ai Paesi più colpiti dalla pandemia. Il teorema Salvini-Meloni sarebbe del tutto rovesciato.Ora tocca alla politica, e c’ è da sperare che quella italiana non sia flebile come sempre. Il tema diventa quello delle condizioni politiche (sulle tecnicalità non tutto è ancora chiaro), ma Ursula ieri ha escluso l’ indebitamento storico e ha parlato di confronto preventivo, non di troike ex post. Speriamo solo che i miliardi del fondo «next generation» non siano considerati «inadeguati» come dice Conte del Mes. Altrimenti ci diranno che non ne abbiamo bisogno. Fosse vero.

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