Democrazia e libertà: vero nemico di Putin

Dietro la spallata non solo all’Ucraina ma all’intero Occidente, c’è in Vladimir Putin – due facce di una stessa moneta – una sbrigativa analisi politica e culturale. Ne troviamo le tracce già in una intervista al «Financial Times» del 2019, nel quale definiva «obsolete» le istituzioni della democrazia liberale.

Superate, diceva, perché sconfitte dai successi sovranisti e populisti di quegli anni, quelli della Brexit e di Trump, per noi della decrescita felice grillina. I popoli si dimostravano secondo Putin insofferenti verso una democrazia debole, perché troppo tollerante, ormai sopraffatta dalla confusione del multiculturalismo, dalla decadenza morale indotta dal benessere e soprattutto da una immigrazione incontrollata: «gli immigrati possono uccidere, saccheggiare e violentare, restando impuniti», diceva, e molti lo ripetevano. Prima che la Russia stessa diventasse Occidente era necessario recuperare un anacronismo, il ruolo imperiale della Russia, mortificata dalla caduta del comunismo e quindi dell’Urss, che aveva avuto il torto, con Lenin, di costruire un sistema di convivenza di nazionalità in realtà fasulle, come quella ucraina, mentre l’anima unificante doveva essere solo quella russa.

Putin giudicava che l’Occidente molliccio non avrebbe reagito. Quindi, guerra lampo nel ventre molle dell’Ucraina. L’aggressione armata è conseguente ad un giudizio sulla democrazia, un sistema complicato, lento, infiacchito dal relativismo. Un’Europa di 27 Paesi, una Nato di 30, con altrettanti parlamenti, centinaia di partiti, come avrebbe mai potuto reagire prontamente ad un blitz militare? Per Putin l’unico modo di guidare uno Stato è quello dell’accentramento delle decisioni, della rapidità esecutiva, dell’autorità. Significativo il modo in cui gli intellettuali reagirono allora all’intervista. Si aprì un rispettoso dibattito, come se Putin fosse un pensatore di Harvard, e molti si sforzarono di capire le ragioni del presidente russo. E’ il limite ma anche la forza del mondo libero, che usa il dubbio come strumento di crescita, la libertà di pensiero e di stampa per denunciare ma anche per riflettere.

Mentre dunque noi ci trastullavamo con la «dittatura sanitaria» dei vaccini, un dittatore vero organizzava le truppe. La logica di potenza non era morta. A star poco bene erano i capisaldi della modernità da regolare ma non soffocare, come la libertà di internet, la globalizzazione, gli scambi, la crescita.

Del resto, non è forse vero che il benessere rende egoisti e materialisti? Da qui, non solo l’ammirazione di molti per un leader così, ma anche da parte di una politologia indulgente. Quella che con il liberale Fukuyama decretava la «fine della storia», dopo la sconfitta delle tragedie comunista e nazista. Putin non era dunque un dittatore, come pensavano gli oppositori mandati in Siberia, ma, più gentilmente, un «autocrate». La sua, e quella di altri come lui, era una «democratura», che dava stabilità, affidabilità e serena dipendenza energetica (blocchiamo la Tap e le trivelle, aborriamo i termovalorizzatori, tanto ci pensa zio Vladimir a tenderci al caldo). Miopie tipiche dei periodi in cui tutto sembra andar bene e si possono lasciar perdere, che noia che barba, i principi essenziali, quelli che poi si perdono in un attimo. Più di 70 anni di pace dopo millenni di guerre anestetizzano la vigilanza, anzi lo sforzo unitario europeo è anch’esso da giudicare «obsoleto», l’euro una iattura. Mentre dunque noi ci trastullavamo con la «dittatura sanitaria» dei vaccini, un dittatore vero organizzava le truppe. La logica di potenza non era morta. A star poco bene erano i capisaldi della modernità da regolare ma non soffocare, come la libertà di internet, la globalizzazione, gli scambi, la crescita.

Tutti fenomeni combattuti in Occidente da conservatori che credono di essere progressisti. Senza alcuni pilastri della libertà, che si riassumono nello stato di diritto, la cooperazione internazionale, il mercato, il multilateralismo, tutto è a rischio, persino la vita dei bambini. Possibile che siano solo i dittatori a capire chi sono i loro veri nemici?

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