Disuguaglianze
e lavoro, Ue vigile

Entro il 30 aprile, subito dopo l’approvazione da parte del Parlamento, dovrà essere inviato in Europa il Piano di ripresa e resilienza che il governo Draghi ha in parte riformulato. Gli aspetti sui quali si è ritenuto opportuno intervenire riguarderebbero soprattutto l’adattamento al cambiamento climatico e la riduzione dell’inquinamento. Complessivamente, sono 17 gli obiettivi indicati dal Next Generation Ue che ogni nazione dovrà impegnarsi a conseguire entro il 2030. Al loro raggiungimento è legata la concessione all’Italia di finanziamenti per circa 209 miliardi di euro, di cui 80 a fondo perduto. Rispetto agli obiettivi indicati dal Piano europeo, la nostra situazione si caratterizza per non poche criticità, come ha recentemente segnalato l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), il centro di ricerca nato il 3 febbraio 2016 su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Tor Vergata.

Secondo Asvis, l’Italia si trova in una buona posizione unicamente per quanto riguarda l’indice di «Energia pulita», in quanto nell’ultimo decennio è aumentata oltre la media europea la quota di energia da fonti rinnovabili ed è prevedibile che possa essere raggiunta nel 2030 la quota del 32% fissata dall’Ue.

Assai più problematico si pone invece il perseguimento degli obiettivi fissati per altri importanti comparti. Per quanto riguarda «Lavoro e crescita economica», l’obiettivo occupazionale del 73,2% è assai improbabile che sarà raggiunto per l’esistenza di un’elevata disoccupazione giovanile e per la scarsa efficacia delle politiche attive per il lavoro, che tutti i governi hanno promesso di rilanciare con poco impegno e senza apprezzabili risultati. Su questo versante qualche indubbio beneficio potrebbe derivare dal coinvolgimento strutturale dei servizi privati che hanno maturato competenze ed esperienze nel campo. Altrettanto critica appare la situazione per quanto riguarda le «Diseguaglianze». L’Italia è il Paese più diseguale d’Europa. Il rapporto tra il 20% dei più ricchi e il 20% dei più poveri è pari al 6,1%, rispetto alla media europea che si attesta al 5,1%. La quota fissata per il 2030 per l’indice di diseguaglianza del reddito disponibile è del 4,2%. Per cercare di avvicinarsi il più possibile a tale parametro si renderebbe necessaria una riforma strutturale del Welfare orientata a superare la frammentazione degli strumenti esistenti e la logica dei bonus, assicurando l’universalità delle misure di protezione sociale e differenziandole in base alle specifiche esigenze.

In merito il presidente dell’Asvis ha sottolineato che «sarebbe oltremodo opportuno consolidare e rafforzare le misure volte ad incidere sulle effettive parità di accesso e sulla gestione dei servizi fondamentali, a cominciare dall’istruzione e dalla salute, dove forte rimane l’influenza delle situazioni familiari e territoriali». Interpellati dall’Asvis, il ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale Vittorio Colao e quello della Transizione ecologica Roberto Cingolani si sono detti entrambi consapevoli della necessità di legare la transizione digitale ed ecologica alla questione giovanile e hanno confermato che «si investirà in tecnologia per dare ai giovani una maggiore qualità di vita e per liberare le generazioni più grandi dall’implicito carico di welfare a sostegno di figli e nipoti». In particolare, Colao ha sottolineato la necessità di un grande impegno per diffondere «reti a banda larga accessibili a tutti per non lasciare indietro parti del Paese e incrementare le diseguaglianze». Da parte sua Cingolani si è soffermato sulla priorità della riforma del sistema burocratico: «Serve snellimento, semplificazione e realismo delle norme, perché possiamo fare un piano fantastico, ma le regole devono essere efficaci ed efficienti, altrimenti ogni sforzo sarà vano». Va certamente in tale direzione la decisione del premier Draghi di garantire una corretta ed efficace esecuzione del Piano prevedendo un’apposita cabina di regia politica a Palazzo Chigi, con anche la possibilità di un suo diretto intervento per evitare che sorgano veti incrociati tra i ministeri per la Transizione digitale e quella ecologica e per porre fine agli immancabili intoppi burocratici.

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