Fermi in coda alla ricerca di una svolta nel traffico

Attualità. Pensare che un cantiere così complesso come quello del rondò dell’A4 non portasse a conseguenze anche pesanti per la viabilità cittadina (e non) era abbastanza assurdo.

Non coordinarlo con altri cantieri magari minori ma comunque problematici spuntati qua e là in questi giorni è invece inaccettabile. Di fronte a interventi così complessi serve una regia, sia nella definizione delle varie fasi che nella comunicazione agli automobilisti: invece è completamente mancata. Non è possibile scoprire che questa o quella rampa è stata chiusa o la corsia ristretta solo quando ci si ritrova fermi inchiodati in coda: comunicazione e coordinamento sono indispensabili, a maggior ragione quando i soggetti pubblici al lavoro sono diversi. Considerato che, salvo complicazioni, su quel rondò con annessi e connessi ci si lavorerà fino all’estate del 2024 (non la prossima, quella dopo…) l’auspicio è che almeno su questo versante si ponga rimedio e in fretta. Anche perché alle porte ci sono altri interventi in zona, come la nuova piazza di Colognola e la rotonda tra le vie Autostrada e « che potrebbero complicare ulteriormente il quadro e sulla cui tempestività ora come ora sorge qualche dubbio.

Situazioni del genere, dove è scattata la corsa al percorso alternativo con traffico impazzito ovunque , fanno anche però capire come il sistema della mobilità cittadina sia (da tempo immemore) in difficoltà. O meglio, quello della «Grande Bergamo», ci sia concesso questa terminologia quasi d’antan, perché i problemi non riguardano solo il capoluogo ma tutto l’hinterland, il che vuol dire una popolazione di oltre 300mila persone. Ogni giorno in 50mila entrano in città, la quasi totalità in solitudine a bordo della propria auto: una situazione ormai insostenibile e alla quale non è possibile fare fronte con nuove infrastrutture stradali, anche perché non c’è più fisicamente lo spazio per realizzarle. Forse solo la nuova penetrante da est, che sgraverebbe sì il traffico da Gorle, Pedrengo e Scanzo ma di fatto riversandolo ancora sulla circonvallazione cittadina.

È evidente che la sola risposta possibile stia nel trasporto di massa, ma con scelte che siano chiare, sostenibili e giustificate (anche economicamente), capaci cioè di andare al di là di sterili slogan a inseguire un facile consenso. Per capirci, sostenere che la soluzione sia «l’aumento del trasporto pubblico e lo stop alle corsie preferenziali», tutto insieme nella stessa frase, nella migliore delle ipotesi è un ossimoro, nella peggiore fa abbastanza preoccupare. Perché senza un adeguato sistema di corsie preferenziali (non singoli pezzi, ma un sistema) gli autobus restano bloccati nel traffico, non sono concorrenziali, e allora uno prende l’auto.Inevitabile. Provare per credere in Borgo Palazzo dopo le 8, o qualsivoglia strada d’accesso al capoluogo nelle ore di punta. Non ci vuole un master in Mobilità al Mit, solo una dose minima di buon senso e onestà intellettuale, di quelle capaci di far superare visioni da guelfi vs ghibellini, da trasporto pubblico contro quello privato. Perché al tirar delle somme siamo ancora fermi lì, e anche questo è un problema.

Nell’attuale situazione in una città dalla morfologia complessa come Bergamo il trasporto su ferro pare la sola soluzione in grado di spostare grandi quantità di persone con tempi certi e frequenze regolari. Ma anche qui bisogna andare oltre gli esperti da social e fare i conti con la realtà: non si possono fare le barricate su un passaggio a livello e poi lamentarsi perché il servizio pendolari è inadatto con un solo binario. Non si può ignorare che i costi dell’interramento di una linea ferroviaria o tranviaria sono almeno 5 volte superiori di quelli di un tratto in superficie, ipotizzare servizi suburbani o metropolitani senza sapere la differenza o, peggio ancora, le specifiche tecniche che li rendono possibili o meno. Non si sta giocando una partita di SimCity, la realtà è ben diversa e dovrebbe portarci a capire che serve qualcosa di più.

Molto è stato fatto in questi anni, per esempio sul versante (meritorio) delle pedonalizzazione, ma ora serve una svolta: scelte anche coraggiose e radicali se necessario, anche un nuovo Piano del traffico. Con una ridefinizione dei sensi unici, degli assi portanti, delle modalità d’accesso, fino a un tram urbano, scelta che ha segnato una svolta in molte città europee. Un’infrastruttura forte in grado di diventare la spina dorsale del trasporto pubblico, senza penalizzare aprioristicamente (ma comunque con regole e limitazioni precise) quello privato. Oppure possiamo fare finta di niente e restare fermi. In coda, tanto per cambiare.

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