Fonti di gas, andare oltre Mosca è possibile

La diversificazione in campo energetico funziona? Pare di sì, anche se gli effetti non si vedranno a breve. Il numero uno di Eni, Claudio Descalzi, continua ad assicurare che «non bisogna temere nulla, bisogna solo temere l’inazione». E in effetti l’Italia continua a entrare in azione e a mettere in campo alternative per sopperire alle forniture del gas russo, che fino a poco tempo fa coprivano il 40 per cento del fabbisogno (anche se Gazprom conferma le attuali forniture di gas, che rappresentano la metà del livello abituale).

Certo il prezzo al metro cubo è sette volte quello dell’anno passato e questo naturalmente si rifletterà nel campo dei prezzi, alimentando l’inflazione che corre dall’aumento dell’energia fino ai prezzi al dettaglio e i servizi, passando ovviamente dalla speculazione di chi approfitta della situazione. Dobbiamo aggiungere che a causa della siccità alcune centrali idroelettriche sono chiuse e questo complica lo scenario. Ma almeno non dovremmo passare un inverno al freddo, nonostante la riunione convocata per domani pomeriggio del Comitato tecnico di emergenza e monitoraggio del gas naturale, istituito presso il ministero della Transizione ecologica, per discutere sul possibile innalzamento dallo stato di «preallarme» attuale sul tema gas ad «allarme».

Sul fronte degli approvvigionamenti, la novità più importante è l’ingresso, annunciato ieri, per almeno 27 anni, del nostro Ente nazionale idrocarburi nel più grande progetto al mondo di gas liquefatto in Qatar. Il cane a sei zampe è stato infatti selezionato da QatarEnergy come nuovo partner internazionale (al 25 per cento) per l’espansione del progetto North Field East nel Paese del Golfo. Un’altra iniziativa per sostituire le forniture russe, così da rimediare alle ritorsioni del Cremlino nei nostri confronti e dell’Unione europea in generale. Con la scusa in stile «sovietico» che mancano pezzi di ricambio per riparare gli oleodotti infatti la Russia continua a tagliare le forniture, oltre che a pretendere i pagamenti in valuta nazionale. Tra l’altro, almeno nelle dichiarazioni di intenti, l’accordo del Qatar prevede iniziative di tutela ambientale «green». Con un investimento di 28,75 miliardi di dollari, Nord Field East (che dovrebbe entrare in produzione entro la fine del 2025) impiegherà tecnologie e processi all’avanguardia per minimizzare l’impronta carbonica complessiva, tra cui la cattura e lo stoccaggio della CO2. La «decarbonizzazione» dunque va avanti.

Con questo accordo, l’Eni rafforza la propria presenza in Medio Oriente ottenendo l’accesso a un produttore di gas liquido leader a livello globale, con riserve di gas naturale tra le più grandi al mondo. Questa collaborazione rappresenta inoltre una tappa significativa nella strategia di diversificazione della nostra azienda, che amplia il proprio portafoglio di fonti energetiche più pulite e affidabili.

Ma come siamo messi con le riserve di gas in vista dell’autunno? L’Ente nazionale idrocarburi continua a stoccare gas. Attualmente siamo al 54 per cento della capacità (che è di 16,5 miliardi di metri cubi). L’inverno dunque lo dovremo passare, mentre i programmi di diversificazione vanno avanti. Il primo fornitore italiano ormai di fatto non è più la Russia ma l’Algeria, attraverso il gasdotto che dalle coste del Maghreb arriva a Mazara del Vallo. Comincia a tirare anche la recentissima Tap (Trans Adriatic Pipeline) che dall’Azerbaigian arriva a San Foca, nel Salento (che tante proteste hanno provocato per l’impatto ambientale). Sono cresciuti anche i volumi del gas norvegese e olandese. Il gas liquefatto arriva anche dalle navi rigassificatrici: la Snam ne ha appena acquistata una e un’altra dovrebbe arrivare a breve. Anche dal Mozambico la piattaforma di Coral South contribuirà al nostro fabbisogno energetico.

Alle viste dunque non c’è quel ricorso alle centrali a carbone – evocato da Draghi – che segnerebbe un passo indietro nella politica ambientale. Almeno per ora.

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