Forzature politiche
ma decide il governo

«Smettetela di vaccinare chi ha meno di 60 anni. Se riduciamo il rischio delle classi più esposte si riapre tutto con tranquillità». Ieri Mario Draghi ha tuonato contro i «furbetti del vaccino» e invitato i governatori ad agire con responsabilità. In realtà il contrasto Stato-Regioni in materia di sanità sta facendo emergere tutte le sue contraddizioni anche in fase vaccinale. Non è possibile che vi siano 20 criteri diversi per prenotarsi e priorità differenti man mano che si procede da Bolzano a Marsala. Eppure la Costituzione e le altre leggi in materia di prevenzione parlano chiaro: in caso di pandemia, vaccini compresi, la competenza spetta allo Stato. La sanità, lo sperimentiamo tutti i giorni, è diversa non solo tra una regione e un’altra, ma all’interno della singola regione, tra Ats e Ats, tra un distretto e l’altro, tra presidi ospedalieri, persino dentro lo stesso ospedale. Ma i criteri e le modalità, gli standard, quelli devono essere uguali per tutti.

La verità è che le forzature politiche spesso portano a situazioni paradossali, per cui in Campania si immunizzano i professori prima degli ottantenni e in Veneto si briga per acquisire il vaccino Sputnik. Fa bene dunque Draghi a richiamare il senso civico degli italiani sulla campagna vaccinale stigmatizzando l’ampliamento indiscriminato delle liste delle cosiddette «categorie speciali», soprattutto in alcune Regioni. Anche perché i metodi delle «categorie» speciali sono anch’essi piuttosto soggettivi e paradossali. Rischia di più un funzionario di Polizia di Stato dell’ufficio contabilità che tutto il giorno sta dietro una scrivania o un impiegato delle Poste che ha a che fare con cento persone al giorno? Eppure il primo si è vaccinato, il secondo ancora no.

Il premier Draghi, che ha ribadito l’obiettivo di immunizzare mezzo milione di persone al giorno, ha poi toccato lo spinoso caso AstraZeneca, il siero che sempre più italiani rifiutano dopo i casi di morte per trombosi di cui si è avuta notizia nelle scorse settimane (e su cui, lo ribadiamo, non c’è ancora un nesso causale, ma solo temporale). Sul caso AstraZeneca è intervenuto anche il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli che ha sottolineato il rapporto di gran lunga positivo tra i costi e i benefici. Del resto, come ha ricordato recentemente il professor Silvio Garattini, anche l’Aspirina provoca un caso di emorragia ogni mille e non c’è farmaco che non contempli controindicazioni e rischi remoti, come si legge su ogni bugiardino di qualunque medicina. «Se fossi un cittadino sarei anche particolarmente rassicurato dalla efficienza della vaccino-vigilanza e dalla reattività», ha aggiunto Locatelli. Draghi ci ha ricordato che siamo entrati nell’epoca della vaccinazione continua: dovremo continuare a inocularci antidoti anche negli anni a venire «perché ci saranno delle varianti». Naturalmente non poteva non accennare ai disordini dell’altro ieri e alla disperazione di tante categorie sul lastrico per via delle conseguenze economiche della pandemia, dal settore del turismo a quello della ristorazione, dalle palestre all’entertainment e al teatro. Fino a quando il sistema-Paese terrà?

Ma sul fronte della protezione e della sicurezza il presidente del Consiglio non ha ceduto di un passo: Draghi ha ben presente che la ripresa economica è funzionale alla sconfitta del virus e che non ci sarà nessuna riapertura indiscriminata finché non esisteranno le condizioni per mettere in sicurezza gli italiani. Scuole comprese.

© RIPRODUZIONE RISERVATA