Germania, guai al Paese portatore di sciagure. Ma non è un’isola felice

Come nelle grandi battaglie anche nella lotta contro il coronavirus i numeri contano. I bollettini con la cifra dei contagi e dei morti hanno un impatto non solo sanitario ma psicologico. La morte finora relegata nelle varie ed eventuali di una società viziata dal benessere riemerge impietosamente. Guai al Paese che dà l’impressione di essere portatore di sciagure. La Germania ha 1.342 morti su 91.714 contagiati complessivi. Un numero tra i più bassi al mondo se si pensa che in Italia i contagi sono 124.632 ma le persone venute a mancare ai loro cari sono 15.362. Nei tre stadi che valutano un decesso ci sono la causa iniziale, quella intermedia e quella finale.

Si ipotizza che per i conteggi in Germania valga solo la causa prima. Ovvero si parte con il coronavirus e si arriva al decesso per le complicanze che ne derivano. Si conteggiano solo pazienti Covid-19 testati. Sino a poco tempo fa tutti i casi di morte con patologie pregresse ed ancora in atto non venivano prese in considerazione perché non imputabili al solo coronavirus.

In Italia invece tutti quelli che hanno contratto il coronavirus a prescindere dalle patologie pregresse rientrano nella statistica. Adesso i controlli vengono fatti ma dopo diversi giorni dall’avvenuto decesso e spesso le tracce del virus non sono più rilevabili. Una spiegazione che tuttavia non basta a colmare l’enorme divario. Secondo una valutazione del prof. Bucci pubblicata di recente, una delle cause del numero elevato dei decessi in Italia è da imputarsi al fatto che le strutture sanitarie non riescono a tenere il passo con il tasso elevato di pazienti. Per fare un esempio, se un’ambulanza è impegnata con il coronavirus è chiaro che arriverà in ritardo o non arriverà quando altri malati urgenti dovessero averne bisogno.

L’Istat certifica che nei primi 21 giorni di marzo in 1.084 comuni del Nord i decessi sono più che raddoppiati andando oltre le cifre ufficiali dei morti da Covid. A Bergamo addirittura sono quasi quadruplicati passando da una media di 91 casi nel 2015-2019 a 398 nel 2020, mentre a Brescia sono raddoppiati. Statistiche di questo tipo in Germania sono difficili da ottenere perché si attendono i numeri complessivi per poi fare i confronti. Resta il fatto che nonostante la pandemia avanzi impietosa anche al di là delle Alpi a fronte dell’assenza di un criterio comune europeo nel calcolo dei decessi, la Germania appare come un’isola felice. Il che consolida l’opinione diffusa che al pari della forza economica la Germania ora esibisce anche la sua solidità sanitaria. Di certo a Berlino hanno proceduto per tempo con i tamponi a tappeto, attualmente 400 mila giorno, e quindi hanno potuto mappare la diffusione del virus per tempo. Quello che è stato fatto a Vo’ nel Veneto. Ma poi in Italia siamo rimasti lì. Questo spiega anche l’età media dei contagiati che varia tra i 40 e i 50 anni mentre in Italia supera abbondantemente i 60 anni.

Il numero dei morti spaventa. Il messaggio con una bassa percentuale di perdite di vite umane in Germania rilancia la palla in campo avverso: in Italia sono disorganizzati e sono al collasso del sistema sanitario. La mancanza di posti in terapia intensiva, di medici, di attrezzature fanno pensare che si rinunci a curare e si passi alla selezione darwiniana. L’obiettivo è sempre tranquillizzare, dimostrare che si è efficienti. Il giusto viatico per far capire che chi è bravo alla fine se la cava. Ai francesi in Alsazia va male e non riescono a gestire tutti i casi, ma la Germania si offre e Heidelberg apre le porte dei suoi ospedali. Un gesto di solidarietà che tocca anche i pazienti italiani trasferiti dalla Lombardia in Sassonia. Dice il presidente sassone: vogliamo imparare a gestire i malati di corona virus. Anche la solidarietà ha il suo prezzo.

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