Grillini alla deriva
e senza zattera

È subito partita la corsa al «chi ha vinto e chi ha perso» nelle elezioni in due regioni assurte a test politico nazionale per una delle tante storture del sistema dei partiti italiani. Ma tant’è. Da quel che si capisce – leggendo le analisi dei flussi dell’Istituto Cattaneo – ha vinto Goffredo Bettini. Chi è costui? È un vecchia faina politica del Pci, molto potente a Roma ancora oggi, consigliere ascoltatissimo di Nicola Zingaretti e teorico dell’incorporazione dei grillini nel centrosinistra, ossia nel Pd. Potremmo dire: teorico del «fai il bagno col tuo nemico e portagli via i vestiti».

Il Cattaneo registra che il candidato del Pd in Emilia Romagna Bonaccini ha vinto con quel buon margine che ha avuto (quando tutti al massimo gli concedevano un testa a testa) grazie al voto dei grillini che, nell’inconsistenza del loro cosiddetto candidato, tra destra e sinistra hanno scelto la sinistra. Il grillismo è nato in Emilia ed è nato dallo scontento del popolo di sinistra verso il Pd: adesso Bettini ci dice che quei voti possono tornare a casa. Bonaccini docet.

E così per il M5S senza Di Maio e senza leader si prevede un futuro fosco: da una parte la diaspora verso sinistra, dall’altra la fuga verso la Lega e la destra. Il M5S con queste elezioni ha toccato il livello non dell’irrilevanza ma della sparizione: quando si passa dal 32% al 3 in Emilia Romagna e dal 40% al 7 in Calabria nel giro di due anni vuol dire che la partita è persa.

E allora: se così stanno le cose, il Pd e il suo alleato Giuseppe Conte possono a buon diritto dire di essersi rafforzati e da adesso in poi si comporteranno come i veri padroni del governo. I grillini annasperanno nel panico e cercheranno di tirare la legislatura più a lungo possibile, aiutati dal referendum sul taglio dei parlamentari che si terrà il 29 marzo e che inchioderà gli attuali parlamentari ai loro scranni per allontanare il momento in cui perderanno il seggio e lo stipendio. Ora il Pd può tornare a dettare le sue condizioni, per esempio sulla prescrizione modello Bonafede o sulle concessioni autostradali o sulle nomine di potere, a cominciare dalla Rai.

Altro fronte, il principale sconfitto: Matteo Salvini. La spallata, anche se per poco, non è riuscita, il governo resterà in piedi, nessuna citofonata di sfratto al detestato Conte: il capo leghista ha scelto una candidata troppo esile di fronte a Bonaccini e soprattutto ha concentrato su di sé il voto emiliano come se fosse un referendum personale: incurante della lezione renziana (che fece lo stesso errore e ne paga tuttora il prezzo salatissimo) ha puntato tutto sulla vittoria ma il suo è stato un azzardo al pari della crisi di agosto. Adesso Salvini deve ricominciare daccapo: ha una montagna di voti, è il leader del partito italiano più forte, è il sicuro vincitore delle prossime elezioni politiche ma non riesce a far fruttare le sue fiches.

Ai margini: Renzi non può partecipare alla vittoria di Bonaccini perché non ha speso una sola parola a suo favore, mentre Berlusconi si consola con l’elezione di Jole Santelli in Calabria, ma non può certo nascondersi che Forza Italia ormai è scesa al livello elettorale dei grillini (salvo in alcune zone del Sud). Semmai Berlusconi potrà notare con malizia che Salvini non ha trionfato e dunque dovrà continuare a venire a patti.

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