I Paperoni all’estero e il Paese che arranca

MONDO. Sono circa ottomila i cittadini italiani con residenza fiscale nel principato di Monaco. I ricchi connazionali espatriati nel Paese di Lucignolo, dove tutto splende e non si paga dazio, sono fortunati.

Un’opportunità per molti, l’ultimo è il tennista Jannik Sinner, ma vietata ad altri. In accordo ad una convenzione stipulata nel 1963 la Francia ha allargato la sua sovranità fiscale sul Principato dei Grimaldi. Morale: i cittadini dell’esagono residenti a Monaco mettono mano al portafoglio e pagano a Parigi le imposte su tutti i loro redditi. All’evasione si è messo il tappo. Domanda: perché in Italia non si fa? L’attenzione del governo è rivolta invece ai magnati stranieri. Si promettono esenzioni fiscali ai milionari/miliardari con accordi a forfait del genere 200mila euro annuali al Fisco italiano senza che nessuno metta naso nei dorati affari dei paperoni. Sembra che la cosa funzioni, ovvero si legge sulla stampa anglosassone, della fuga dei finanzieri da Londra per approdare a Milano. Ora sembra che anche la city parigina cominci a pensarci. Risultato avremo una banda di ricconi che formalmente risiede qui ma che è in giro per il mondo e quindi conduce la vita di sempre. Non si riesce ancora a quantificare il vantaggio che ne può trarre il Paese. Fossero stati per esempio obbligati ad impegnarsi ad un deposito di almeno un milione di euro in un fondo dedicato al potenziamento delle infrastrutture avremmo un riscontro. Per loro un bruscolino, per l’Italia alla costante ricerca di risorse una goccia che non disseta. Ma se moltiplicata per il numero dei nuovi residenti però può crescere e diventare anche indicativa di un percorso. Non solo la libertà selvaggia di fare il proprio tornaconto ma anche un pizzico di responsabilità civica e sociale.

La lista dei tesoretti «espatriati» è lunga

Al ministero dell’Economia possono averci anche pensato, ma programmare, prevedere scenari, costituire vie d’uscite in caso di risultati insoddisfacenti è una capacità del fare che fatica ad affermarsi in Italia. Tuttavia godiamoci il momento, perché assieme ai paperoni cresce il mercato dell’immobiliare e le bellezze del Paese trovano una formidabile promozione pubblicitaria nel mondo. Poi si dà un’occhiata alla stampa internazionale e si scopre che quello che l’Italia cerca di fare con gli altrui portafogli la Svizzera l’ha fatto da tempo. La lista degli «espatriati» italiani è lunga. Da Carlo De Benedetti a Perfetti, quello delle caramelle, ai Fossati dei dadi Star, ai Beretta delle armi. Il regime fiscale svizzero è vantaggioso ma pare essere l’idea della discrezione, dell’ordine, della stabilità, dell’efficienza dei servizi, delle infrastrutture efficienti e manutenute, del freno alla burocrazia ciò che porta nella patria di Guglielmo Tell.

La vendita dei patrimoni industriali

Tutti fattori che incidono sulla produttività che è a quota 113,75 punti e rende il Paese competitivo. Ma la domanda che va posta è: perché si cedono le attività produttive in Italia e ci si butta sulla finanza e non per esempio sulle nuove tecnologie? Basti guardare alle vendite seriali dei patrimoni industriali della famiglia Agnelli-Elkann, Magneti Marelli, Comau, Iveco. Si parla anche di cessione dei trattori CNH, adesso i quotidiani La Repubblica e La Stampa, la produzione Stellantis ridotta in Italia a quattrocentomila vetture all’anno dopo promesse per un volume complessivo di un milione di autoveicoli. Si dismette il cuore industriale del Paese senza che il governo ponga un controllo, metta delle condizioni. Con Unicredit era solerte, adesso è distratto. I Pronto Soccorso sono sommersi da attese infinite così come le prenotazioni per una visita specialistica. Le scuole sono sotto finanziate, l’Italia non ha risorse sufficienti.  Non sentono loro, «espatriati» e eredi Agnelli, la responsabilità di dare un contributo al Paese, dove è stata fondata la ricchezza dalla quale traggono ora agi e enormi profitti?

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