Il boom dei colossi digitali
Le risposte necessarie
per non restare indietro

Esistono due soli modi per affrontare il futuro: intercettandone le potenzialità con curiosità e spirito visionario, oppure attendendo che qualcun altro più intraprendente agisca, facendo accadere qualcosa d’interessante a cui accodarsi. Chi sceglie la seconda via comincia con già diversi punti di penalizzazione rispetto ai propri competitori di mercato. Da questo punto di vista, il tema delle reti e del digitale è oggi al centro di continue ricerche e di primari investimenti da parte di tutti gli attori coinvolti nei processi di sviluppo industriale.

La rivoluzione digitale invade ormai ogni ambito della nostra esistenza. Accodarsi al gruppo e attendere che gli specialisti di settore spieghino logiche e tendenze predominanti non è più possibile. Occorre agire subito e con acume per capire il mondo che sarà e che già oggi sta procedendo a velocità supersonica. È ormai d’uso comune nel mondo aziendale riferirsi con l’acronimo Gafa (Google-Amazon-Facebook-Apple) al «dream team» dei quattro colossi statunitensi che nel 2020 potrebbero essere la prima potenza mondiale. Negli ultimi anni tutte le startup di successo sono direttamente o indirettamente legate a loro. In pochi decenni hanno ribaltato percezioni valoriali e usi comuni, decidendo per noi e con noi quale sarebbe dovuto essere il futuro prossimo della società, quanto meno di quella occidentale e di quella occidentalizzatasi.

Ogni operatore di mercato, infatti, è oggi chiamato a progettare online «interfacce utente» il più possibili vicine, per semplicità d’uso e caratteristiche formali, a quelle che l’ormai stragrande maggioranza delle persone è abituata a utilizzare accedendo quotidianamente per l’appunto a Google, Amazon, Facebook ed Apple. Senza alcun dubbio, il business di oggi e di domani è strettamente legato ad una perfetta conoscenza delle abitudini e dei desideri delle «persone-clienti». Solo chi ha in mano il cliente riesce a produrre reddito. Conta sempre meno il «cosa vendere»; ciò che fa davvero un’enorme differenza è la «conoscenza del cliente». È questa l’unica via per intercettarne le sue esigenze concrete, le sue peculiarità caratteriali e psicologiche e i suoi capricci in presenza di nuove disponibilità economiche. A quel punto, far nascere ulteriori desideri affini e proporgli beni da acquistare diviene cosa molto semplice e parecchio remunerativa.

Ovviamente, siamo solo all’inizio di una spirale concorrenziale che lascia intravedere scenari durissimi. Cosa fare, allora? Di quali anticorpi necessita oggi il tessuto imprenditoriale più sano e produttivo a cui tutti, soprattutto nella nostra provincia, dobbiamo così tanto in termini di redditività procapite ed equilibrio socioeconomico? L’idea che le nostre piccole e medie imprese possano reggere l’imminente ciclone competitivo di questi colossi potrebbe apparire vano, ma qualcosa si può e si deve fare. Anzitutto, investendo sulla «cultura digitale» dei propri dipendenti e ponendo i «progressi digitali» come un elemento chiave per ottimizzare la gestione e migliorare la redditività. Vanno certamente preservati i valori aziendali e i processi produttivi di qualità, ma occorre anche spogliarsi di quel provincialismo che troppe volte ha impedito al «sistema» industriale di fare davvero «sistema». Gli antagonisti del futuro sono noti e fortissimi. Non vanno né scimmiottati, né tantomeno ritenuti invulnerabili. Occorrerà affrontarli con una sempre maggiore capacità innovativa, cercando nuovi sbocchi verso mercati oggi in fortissima crescita economica quali, su tutti, quelli del Sudest asiatico. Molto possono fare le associazioni di categoria e le banche, ritagliandosi un fondamentale spazio «consulenziale» di business per accompagnare le aziende meno strutturate ad affrontare questi nuovi mercati, anche con la creazione di reti d’impresa che le aiutino a fare sinergia e a crescere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA