Il mestiere più bello e incompreso, sindaci in via d’estinzione

Se pensiamo ai mestieri «rischiosi», quello di sindaco non è proprio il primo che ci viene in mente. A dire il vero, non sta neanche vagamente sul podio. Eppure, brandendo una penna come «arma del delitto», in occasione di una recente manifestazione a Roma dei primi cittadini, il presidente dell’Anci (l’associazione nazionale dei Comuni) Antonio Decaro ha tratteggiato un ruolo pieno di incognite e potenziali inciampi, dove «se firmi rischi di essere indagato per abuso d’ufficio. E se non firmi per omissione di atti d’ufficio».

Non sono mancati gli esempi in questi anni – ha fatto scalpore l’indagine sulla sindaca di Crema, Stefania Bonaldi, per il bimbo con le dita schiacciate nella porta, ma a far discutere più in piccolo, in questi giorni, sono anche le multe ai primi cittadini brembani che hanno partecipato alla manifestazione per l’ospedale di San Giovanni Bianco – di situazioni in cui chi è alla guida del paesino o della città si trova a rispondere in prima persona più o meno di tutto quel che succede sul territorio. Viaggiando nel frattempo in equilibrio tra carenze di personale, risorse da gestire col contagocce, firme da soppesare per non incorrere in contestazioni e l’inevitabile burocrazia. In un ruolo che, soprattutto nelle realtà di minori dimensioni, sconfina largamente nel volontariato, e che invece si è trovato in qualche modo investito dall’ondata dell’antipolitica, come se gestire un paese montano di mille anime avesse qualcosa a che fare con l’essere «casta».

Difficile pensare che tutto questo non abbia inciso sulla crisi delle candidature che sta interessando anche la Bergamasca. Le liste per la tornata elettorale di ottobre verranno consegnate tra dieci giorni, ma lo scenario che si prospetta, per quanto emerso fino a oggi, è di un netto calo delle figure in corsa rispetto a cinque anni fa. Le ragioni sono molto varie, hanno a che fare anche con i cambiamenti nella società, e non basta certo spostare un qualche «interruttore» perché la situazione muti drasticamente. Tuttavia la richiesta, salita dai primi cittadini da quella piazza romana, di ridare «dignità» al loro ruolo merita ascolto. Dall’Anci sono arrivate proposte concrete, che vanno dalla definizione delle responsabilità (che non significa impunità, ma una chiara delimitazione di ruoli e competenze), a una revisione del limite del numero di mandati almeno nei Comuni medio-piccoli, fino allo «status» giuridico ed economico dei sindaci. Questo potrebbe voler dire anche affrontare, se necessario, il «tabù» delle indennità: per attrarre nei ruoli amministrativi persone capaci e competenti, va garantito loro di potersi occupare del municipio con una certa stabilità economica, pur rinunciando temporaneamente ad altre entrate.

Viviamo tempi di grandi e gravi emergenze, ma pure la «fuga» dagli incarichi amministrativi, specialmente quando si parla di piccoli Comuni che si trovano però a gestire vasti territori, a suo modo lo è. La lista unica, che dovrebbe essere un caso raro, si diffonde sempre più in alcune realtà, limando (o spostando altrove) gli spazi di confronto che invece dovrebbero avere il loro baricentro nelle aule consiliari. Molti sindaci, che queste difficoltà vivono ogni giorno e ciononostante manifestano una sincera passione per quello che continuano a definire «il mestiere più bello del mondo», su questi argomenti hanno mostrato un sentire comune saldamente al di là delle appartenenze politiche. Valutare le loro istanze e cercare di dare risposte è un modo per garantire interlocutori seri e attenti ai nostri territori, e soprattutto ai più fragili.

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