
L'Editoriale
Lunedì 07 Luglio 2025
Il partito di Musk e lo scontro sul debito
MONDO. Se vedete qualcuno che si frega le mani, quasi sicuramente è uno dei molti che l’avevano detto: Trump e Musk insieme non possono durare, sono destinati a litigare e a scornarsi.
La decisione di Elon Musk, il geniale imprenditore di origine sudafricana, di fondare un partito (America Party) in opposizione sia a quello Democratico sia a quello Repubblicano, ma con l’obiettivo immediato di mettere i bastoni tra le ruote al suo ex amico Trump, è dunque il compimento perfetto di tale profezia. Musk e qualche suo alleato potranno certo investire un mare di soldi nell’impresa, che si focalizza su un obiettivo mirato ma non modesto. Mirato perché punta a raccogliere una dozzina di deputati e senatori alle elezioni di Medio Termine del novembre 2026; non modesto perché l’America Party potrebbe, ottenendo 2-3 senatori e 8-10 deputati, togliere la maggioranza ai repubblicani e di fatto diventare il perno della politica Usa, almeno di quella parlamentare. Avrebbe cioè un potere d’interdizione tale da costringere sia i Democratici sia i Repubblicani a trattare per far passare questa o quella legge.
Il tutto, tra l’altro, mentre a Washington si sussurra che Trump voglia usare l’attuale maggioranza di cui dispone al Congresso per modificare la Costituzione e farsi eleggere, nel 2028, per un terzo mandato.
Dispetto o strategia?
Messa così, l’iniziativa di Musk sembra fatta quasi solo a dispetto, cioè per danneggiare Donald Trump e i suoi progetti. Anche il modo in cui si è arrivati fin qui potrebbe indurre a pensarlo, tra isteriche accuse di pedofilia (Musk a Trump) e di dipendenza dalle droghe (Trump a Musk). Appena coperto dall’enorme ego dei due protagonisti, però, si agita un dibattito molto meno banale. Il neonato America Party non ha ancora presentato un vero programma ma solo un elenco di buone intenzioni (incentivare lo sviluppo tecnologico, sia civile sia militare, più libertà d’impresa a partire dal settore energetico, politiche a favore della natalità…), capitanato però da un punto cruciale: ridurre il debito pubblico, che secondo Musk è il primo problema degli Usa.
La filosofia del Big Beautiful Bill
Anche Trump se ne preoccupa. Combatte la battaglia dei dazi proprio nella speranza (anche) di ridurre il deficit nazionale. Ma un conto è dire, come fa Musk (non a caso si era incaricato di tagliare la spesa pubblica come capo del DOGE), che bisogna spendere meno. Ben altra cosa è fare ciò che fa Trump con il suo Big Beautiful Bill, appena approvato alla Camera: tagliare le tasse ai redditi alti e tagliare la spesa pubblica per i redditi medio-bassi, nella speranza di innescare il trickle down, l’effetto a cascata: i ricchi hanno più soldi, spendono e investono di più, questo si traduce in un rilancio dell’economia che va a vantaggio anche dei meno ricchi.
Non c’è popolo sulla terra cui piaccia sentirsi dire: devi spendere meno, campare peggio, fare una vita più controllata. E abbiamo il sospetto che agli americani piaccia anche meno che ad altri
È una vecchia idea dei Repubblicani, questa, che quasi mai ha funzionato nella misura auspicata. E la misura è tutto, con un deficit di 1,83 trilioni di dollari, in implacabile crescita. Soprattutto in una fase storica in cui, proprio a causa della necessità di rifinanziare il debito, gli Usa non possono perdere la presa del loro potere globale, e sono quindi costretti a impegnarsi come non mai su tutti i fronti, che a Trump piaccia o no. La promessa di investire più di 1 trilione di dollari per la Difesa la dice lunga in proposito e fa anche capire che la spirale del debito rischia di avvitarsi ancor più, invece di risanarsi.
Musk punta su questo ma di sicuro sa che va a una battaglia difficile. Non c’è popolo sulla terra cui piaccia sentirsi dire: devi spendere meno, campare peggio, fare una vita più controllata. E abbiamo il sospetto che agli americani piaccia anche meno che ad altri.
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