Il Patto di stabilità e la questione tedesca nell’Ue

MONDO. «Il piano del Cancelliere è fallito! Niente più bilancio entro quest’anno».

È questo il titolo, scritto a caratteri cubitali e con annessa foto di un interdetto Olaf Scholz, che campeggiava ieri sulla versione online della «Bild», il giornale-tabloid più letto della Germania. La patria dell’ordoliberalismo e del rigore sui conti pubblici che non riesce ad approvare per tempo il bilancio federale è la notizia che non ti aspetti, confermata però - secondo le indiscrezioni - da un sms che sarebbe stato inviato a tutti i deputati socialdemocratici da Katja Mast, la segretaria parlamentare dell’Spd. Notizia inattesa, almeno quanto quella riportata dalle agenzie di stampa lunedì scorso: Robert Habeck, vicecancelliere tedesco e ministro dell’Economia, oltre che leader ecologista, si è visto costretto ad annullare la missione prevista alla Conferenza mondiale sul clima a Dubai a causa della crisi di bilancio in corso a Berlino. E d’altronde sarebbe stato impensabile, almeno fino a qualche settimana fa, leggere il titolo apparso ieri sul Financial Times: «La crisi di bilancio mette a rischio la strategia tedesca sui microchip». Secondo il giornale di riferimento del mondo finanziario, infatti, colossi industriali come l’americana Intel e la taiwanese TSMC avrebbero fatto filtrare dubbi sul futuro dei propri investimenti nei semiconduttori in Germania a causa dell’incertezza fiscale.

All’epicentro di un simile «terremoto» c’è il fatto che il governo di Berlino ha dovuto rimettere mano alla legge di bilancio dopo una sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il trasferimento di 60 miliardi di euro da un fondo pensato originariamente per il Covid a un fondo destinato poi a «Clima e Trasformazione». Ne sono discese ripercussioni sul budget programmato e un «buco» contabile di almeno 17 miliardi di euro. Le conseguenze politiche non si sono fatte attendere. La coalizione «semaforo» che sostiene l’attuale Governo - composta da Spd, Verdi e Liberali dell’Fdp - è entrata in fibrillazione, dilaniata da approcci divergenti. La Fdp addirittura ragiona su un sondaggio tra i propri iscritti per valutare l’uscita dalla coalizione. La CSU, costola bavarese dei cristianodemocratici che guidano l’opposizione, invoca elezioni anticipate.

Non è finita qui. Adesso l’instabilità politica nella prima economia del Vecchio continente rischia di tracimare i confini nazionali e di influenzare pesantemente il dibattito europeo. Secondo alcuni analisti, per esempio, se la Germania non si deciderà a superare – almeno momentaneamente – la regola federale dell’«indebitamento zero» che la inchioda a un deficit annuo dello 0,35% del Pil, a fronte dell’attuale “ammanco” Berlino sarà ancora meno disposta a rafforzare il bilancio dell’Unione, figuriamoci poi a mettere risorse in comune per sostenere industria e innovazione.

Secondo altri osservatori, inoltre, non è un caso che proprio il ministro delle Finanze di Berlino, Christian Lindner, in queste ore di confronto serrato sulla riforma del Patto di Stabilità e Crescita, sia l’autore delle proposte più indigeste per Paesi come Italia e Francia. È lui, l’omologo tedesco del nostro ministro Giorgetti, che scavalca – in senso rigorista – la linea dalla Commissione europea, sostenendo un’accelerazione ulteriore sul risanamento di deficit e debito, senza contemplare alcun trattamento privilegiato per gli investimenti pubblici nella transizione ecologica e digitale, o per quelli nella Difesa. Impossibile escludere che Lindner rispolveri una simile strategia ultra-rigorista in Europa per ragioni di piccolo cabotaggio domestico, visto che i suoi Liberali – stando ai sondaggi – continuano a perdere consensi nell’elettorato tedesco.

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