
L'Editoriale
Giovedì 17 Luglio 2025
Il potere dei dati e l’etica necessaria
ITALIA. Nell’epoca in cui milioni di persone consegnano brandelli della propria vita a un algoritmo in cambio di una manciata di like, mandano in Rete foto personali o dei propri figli, postano o peggio manipolano foto altrui senza consenso, la figura del Garante della Privacy è quanto mai controcorrente.
In un’Italia che ama mettersi in vetrina, Pasquale Stanzione ha scelto invece la via della sobrietà istituzionale, ricordandoci che non tutto può – né deve – essere spettacolo. Un ruolo cruciale perché oggi i dati personali sono un potere. Chi gestisce le informazioni controlla spesso anche i comportamenti, le scelte e persino la libertà delle persone.
Il Garante vigila proprio per impedire abusi, presunte sorveglianze ingiustificate e uso scorretto delle informazioni private. E allora sì, il Garante serve. Come l’arbitro in una partita: non decide il risultato, ma impedisce che il più forte prenda a calci il più debole. Senza arbitro, il gioco diventa rissa. E senza Garante, la Rete diventerebbe una giungla dove ogni barbarie può camuffarsi da «diritto all’informazione».
In un Paese dove il diritto di cronaca è troppo spesso invocato per giustificare il sensazionalismo, il Garante per la protezione dei dati personali (questo il nome ufficiale) ha rimesso al centro la dignità della persona, anche dopo la morte. È un gesto che vale più di mille dichiarazioni
L’ultimo atto di questa autorità amministrativa indipendente, forse il più emblematico, è lo stop alla diffusione del video dell’autopsia di Chiara Poggi. Un provvedimento sacrosanto, che ha saputo dire un «no» netto alla deriva voyeuristica che spesso infetta il giornalismo e i social. Stanzione ha spesso tirato le orecchie anche ai giornalisti, che dispongono della competenza, della formazione e della deontologia necessarie a non sconfinare mai nel voyeurismo. In un Paese dove il diritto di cronaca è troppo spesso invocato per giustificare il sensazionalismo, il Garante per la protezione dei dati personali (questo il nome ufficiale) ha rimesso al centro la dignità della persona, anche dopo la morte. È un gesto che vale più di mille dichiarazioni.
Il caso dell’AI
Ma non è certo l’unico fronte su cui l’Autorità si è mossa con fermezza: lo attesta l’ultima, recente, relazione di Stanzione, una ricchissima memoria di 262 pagine consultabile sul sito dell’organo di vigilanza. Il 2024 è stato l’anno dell’esplosione dell’Intelligenza artificiale, con tutti pericoli che comporta. Il giurista lo ha detto senza giri di parole: «L’IA ha prodotto una rivoluzione antropologica». E ha aggiunto un concetto che dovrebbe diventare pilastro del nostro tempo: «Serve l’algoretica, un’etica degli algoritmi che rimetta l’uomo al centro del processo tecnologico». Parole alte, forse, ma necessarie. Perché il rischio non è solo quello di essere spiati, ma di essere ridotti a dati, a profili, a numeri.
Il Garante ha fatto valere la sua voce infliggendo a un consorzio di Intelligenza artificiale una sanzione da 15 milioni di euro (in tutto nel 2024 le sanzioni hanno raggiunto la non indifferente cifra di 24 milioni), obbligandolo a una campagna informativa. Accanto alle battaglie più tecnologiche, resta viva la lotta quotidiana al telemarketing aggressivo, con sanzioni pesanti e l’approvazione di un codice di condotta. E poi l’attenzione al tema dei minori: dallo «sharenting» – la pratica diffusa dell’eccessiva esposizione dei bambini on line da parte dei genitori – alla verifica dell’età per l’iscrizione ai social. Perché proteggere chi non può difendersi è uno dei primi doveri di uno Stato civile.
Certo, si potrebbe obiettare che l’azione del Garante è ancora troppo limitata rispetto alla vastità del fenomeno. Ma sarebbe ingeneroso non riconoscere che l’Autorità, con i pochi mezzi a disposizione, con mezzi limitati e sotto il fuoco incrociato di lobby e interessi, sta facendo il possibile. E, a volte, anche l’impossibile.
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