Il «rimbalzo»
riduca anche
il debito pubblico

Chiamatelo pure «rimbalzo», termine economico e finanziario che indica una forte ripresa dopo una caduta. Nel nostro caso è il lungo periodo
di recessione causato dalla pandemia. Lo aveva già anticipato nelle sue «considerazioni finali» il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, dopo le analoghe previsioni augurali di Ocse, Confindustria e Commissione europea, lo conferma il Fondo Monetario Internazionale nel suo rapporto periodico sull’Italia. Da una delle organizzazioni mondiali
più prestigiose, figlia dell’economista John Maynard Keynes, arriva l’elogio delle autorità italiane «per le scelte politiche forti e decisive che hanno attutito l’impatto sociale ed economico della pandemia».

L’Fmi segnala come «nel 2021 è prevista una solida ripresa» anche se «permane una grande incertezza». Per questo «sarà necessario mantenere politiche di sostegno fino a quando la ripresa non si sarà rafforzata». Il «rimbalzo», secondo le stime degli economisti di Washington, si attesta sul 4,3 per cento del Prodotto interno lordo per il 2021 e sul 4 per cento nel 2022.

A cosa è dovuto tanto ottimismo? Sono almeno tre i fattori che spingono gli economisti dell’Fmi a previsioni incoraggianti. Il primo è la campagna delle vaccinazioni in atto che sta facendo uscire il Paese dalla pandemia a «passo di alpino», come direbbe il generale Figliuolo. Il secondo è la mole di risorse in arrivo grazie al Recovery Fund, che ci permetteranno investimenti e riforme epocali. Il terzo è il manovratore alla guida del governo italiano, quel Mario Draghi, già governatore della Banca centrale europea, stimatissimo negli ambienti della finanza internazionale, dalla Banca Mondiale alla Goldman Sachs. Sarebbe stato quanto meno stravagante che Visco avesse detto che l’avvenire dell’Italia è incerto quando al governo siede il suo predecessore. In economia la stima è un propellente importante, anche se molto difficile da guadagnare.

Ma attenzione, il Fondo raccomanda che «la politica fiscale continui ad attenuare gli effetti economici della pandemia attraverso misure temporanee e mirate», il tutto però affiancato «a un piano credibile per ridurre significativamente il debito pubblico nel medio termine». Il Paese dunque deve marciare di pari passo con la riduzione del debito (tenendolo quanto meno sotto controllo visto che non sono certo tempi di austerità) e con un piano di alleggerimento fiscale. Quasi una contraddizione, un «trade off» direbbero gli economisti, ma non impossibile, visto la mole di miliardi del Recovery in arrivo.

Il Fondo Monetario invita inoltre ad «accrescere l’efficienza e l’equità della spesa pubblica e dei sistemi fiscali». Non mancano gli elogi al mondo del credito. «Il settore finanziario ha dato prova di resilienza anche se serve un attento monitoraggio», si legge nel rapporto. In particolare da Washington si raccomanda di continuare a sostenere i prestiti bancari anche se con maggiori controlli su chi li contrae. Fra le altre indicazioni, l’invito a una rapida modernizzazione della pubblica amministrazione e della magistratura, appalti pubblici efficienti, una migliore governance degli investimenti pubblici e una riduzione delle barriere alla concorrenza. Sul fronte bancario «saranno inoltre importanti procedure più rapide per la ristrutturazione del debito e la liquidazione delle imprese non redditizie». Significa che bisognerà evitare di continuare a tenere in piedi aziende già decotte prima della pandemia, finanziando quelle imprese che contengono le energie per favorire la ripresa italiana.

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