La burrasca in Russia
nei riflessi americani

C’è aria di burrasca ad Est. L’arresto di Aleksej Navalny al ritorno in patria e l’inizio della presidenza Biden negli Stati Uniti rischiano di scoperchiare il vaso di Pandora della complicata realtà russa e dei rapporti internazionali. Le manifestazioni di sabato 23 e di ieri hanno evidenziato principalmente due elementi. Il primo è che in Russia siamo all’inizio di una rivolta generazionale dei più giovani, che chiedono il cambiamento, contro gli anziani, amanti della stabilità alla sovietica.

Il secondo è che si profila una lotta dura tra il partito di Internet e quello della televisione, ubriacato dalla propaganda nazional-patriottica. Il potere finora si è comportato seguendo le vecchie logiche, puntando il dito contro provocatori al soldo dell’Occidente, gente contraria alla cultura tradizionale russa. Le novità sono semmai che all’apparenza San Pietroburgo si è svegliata dopo un lungo torpore; sia il 23 sia il 31 la polizia si è fatta cogliere a Mosca in alcune circostanze di sorpresa dai dimostranti, alcuni dei quali - a differenza del passato - hanno reagito, alzando le mani. In carcere Aleksej Navalny si sta trasformando nel «dissidente numero 1», un «Andrej Sacharov» dei nostri giorni.

Egli tenta la polarizzazione dello scontro: chi non sta con Vladimir Putin sta con lui. La vittima, il giusto, l’innocente contro i corrotti. Il suo video-inchiesta su una tenuta sul mar Nero dal costo di 1,3 miliardi di dollari, uscito qualche giorno prima del 23 - tenuta, secondo il blogger moscovita appartenente al presidente, ma questi ha negato ogni addebito - ha avuto oltre 100 milioni di visualizzazioni. Un successo mediatico pari all’aver telefonato da Berlino, dove Navalny era in cura per il noto avvelenamento, all’agente dei Servizi, che avrebbe cosparso di «Noviciok» i suoi vestiti. La sfida al Cremlino è rilevante anche perché la potenza mediatica dell’oppositore è importante come buona è l’organizzazione del suo movimento (nonostante arresti e fermi), capace di portare per le strade sabato 23 in poche ore così tante persone, che hanno superato la paura delle possibili ripercussioni per la loro partecipazione alle manifestazioni. La pesante crisi economica può solo ingrossare la protesta.

Come andrà a finire? L’opinione diffusa è che, anche se Navalny restasse in carcere, lo scontro durerà e forse verranno usate forme simili di dissenso, come quelle utilizzate dai bielorussi contro Lukashenko. A meno che la stretta repressiva non sia ferrea. Venendo agli aspetti internazionali - dopo 4 anni di letargo con Trump - la questione «democrazia» e quella dei «valori fondamentali» è tornata ai primi posti dell’agenda sia europea sia americana. E subito la propaganda ha picchiato duro contro la «GayEuropa» e «i transgender che tornano a servire nelle Forze Armate Usa». Lo scontro è frontale, poiché dal 2012 troppi sono i conti in sospeso tra il duo Obama-Biden e l’Amministrazione Putin, a cominciare dalle interferenze nelle presidenziali Usa del 2016 e 2020. La pubblicazione da parte dell’Ambasciata Usa dei luoghi e delle ore della protesta del 23 - ufficialmente per tenere lontano i connazionali - informazione sotto chiave da parte delle Autorità russe, è solo il prologo ad un nuovo libro di screzi tutto da scrivere. Anche ieri il ministero degli Esteri russo se l’è presa contro le interferenze Usa. Immediato è stato l’intervento dei diplomatici tedeschi, che hanno invitato l’Ue a tenere aperto il dialogo col Cremlino, ricordando che senza la Russia alcune sfide internazionali non si possono vincere.

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