La Capitale che produce dà l’agenda a Bruxelles

ECONOMIA. Ci sarebbe voluto un rappresentante di Bruxelles venerdì 10 novembre a Palazzolo sull’Oglio ad ascoltare la voce di uno dei motori più potenti dell’industria del continente, 90 miliardi di fatturato, la seconda manifattura d’Europa.

Quella che ha visto unite Confindustria Bergamo e Confindustria Brescia, nell’anno della Capitale della Cultura, è stata infatti un’assemblea di respiro europeo. Certo, la scadenza elettorale della prossima primavera non è irrilevante per avanzare richieste. Ma al netto della contingenza, i motivi per mettere al centro delle agende politiche il destino dell’Unione e avere uno sguardo europeo alla Draghi non mancano.

Ci sono aspirazioni più elevate, come mantenere una sorta di leadership morale della nostra cultura europea, aprendo la strada alla definizione dei principi etici che devono guidare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. E ci sono esigenze più pratiche ma non meno importanti: una su tutte, avere una vera politica industriale comune, perché prosperità e forza del manifatturiero non sono dati per sempre ma vanno coltivati e difesi. L’esempio americano piace: gli Stati Uniti investono e crescono; al contrario, l’Europa ha i mezzi per farlo ma non riesce a mettere a terra le sue potenzialità faticando sul lato di una governance compatta ed efficace. Sulle politiche comunitarie emergono fra l’altro tra le righe del discorso dei due presidenti di Bergamo e Brescia considerazioni non scontate e che si muovono in direzione contraria rispetto a facili proclami dei nostri tempi che sanno tanto di populismo. «Non chiediamo una politica industriale protezionista», sottolineano, parlando a voci alternate ma quasi all’unisono a una platea di centinaia di imprenditori, 1.500 più o meno i presenti. Nessuna paura quindi della globalizzazione e del multilateralismo, basta che ci si possa muovere dentro «un quadro di regole chiare» capace di fare gli interessi di quel grande patrimonio che è il manifatturiero d’Europa.

A proposito di regole, ecco il secondo appunto che ci si deve annotare: la principale difficoltà oggi «non sta nel livello dei tassi di interesse», talvolta additati invece da parti della politica nostrana come causa d’ogni male, «ma nell’incertezza del quadro regolamentare». Tanto che le aziende, parole loro quindi sarebbe utile ascoltarle come hanno chiesto ieri, «siedono su una montagna di liquidità, ma non investono, perché non è così chiaro se quello che si dice oggi valga anche domani».

È stato rimarcato per l’Europa. Vale ancora di più per l’Italia. Il giudizio sulla manovra è piuttosto severo - «non troviamo granché» - e ancora più severo, da applausi, è il ragionamento che stigmatizza la variabilità delle regole del gioco. Le misure su costo del lavoro e cuneo fiscale, ad esempio, sono positive ma non ancora strutturali: «Come si può fare pianificazione di medio-lungo periodo con manovre fiscali che hanno durata a termine?».

Nel complesso, quello che si è sentito ieri non è stato comunque un cahiers de doléances quanto piuttosto una dichiarazione d’intenti: le imprese ci sono, hanno voglia di fare e sono a disposizione per fare. Quanto a Bergamo e Brescia, pur senza nessuna «prova tecnica di fusione» come è stato sottolineato, hanno tutta l’intenzione di continuare a lavorare insieme su alcuni temi comuni. A fare scuola potrà essere il cosiddetto «modello emiliano», fatto molto di fabbriche, ma anche di comunità e di fiducia reciproca, componenti per nulla secondarie e che possono fare la differenza.

Un’ultima annotazione, quasi a margine ma non troppo. In apertura, tratteggiando il contesto internazionale che conosciamo, con due guerre vicine a casa, è stata espresso un timore non peregrino: «Ci preoccupa il destino delle democrazie liberali, che faticosamente trovano legittimazione in un mondo che non tollera più i tempi e i modi della costruzione del consenso». Un richiamo da non lasciar cadere. È arrivato dal mondo delle imprese. Ma far sì che i faticosi tempi del consenso abbiano sempre il loro giusto spazio è responsabilità di tutti.

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