La crescita industriale e tecnologica non si vede

ITALIA. La crisi francese evoca nella stampa internazionale il ricordo di quella che fu l’Italia del 2011 e 2012. Un Paese, quello transalpino, afflitto dal caos politico, da un debito che si avvicina al 125% del Pil, un deficit al 5,8% e una crescita asfittica.

La Francia è tormentata inoltre da una violenza di piazza che mette paura agli investitori che detengono il 53% del debito nazionale. Messa a confronto con questo scenario, l’Italia emerge come oasi di stabilità. La stampa tedesca, sempre critica verso Sud, elogia la nuova politica italiana di contenimento delle spese. Lo Stato italiano adesso paga meno di quello francese per i Buoni del Tesoro decennali, 3,56% contro il 3,57. Una differenza minima ma inimmaginabile fino a qualche mese fa. Il segno di un cambio di tendenza

Con questo arriviamo al nocciolo della questione, se all’Italia non fossero stati garantiti più di 200 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) a che punto saremmo con la nostra economia?

confermato dai miglioramenti nelle valutazioni delle agenzie di rating. Il passaggio da BBB a BBB+ con outlook stabile è da ricondursi ad un’economia diversificata e quindi al vantaggio di poter giocare su più tavoli produttivi in tempi di forti oscillazioni daziarie e doganali. Ma il fattore che gioca nel giudizio è l’appartenenza all’Unione economica e monetaria, una sorta di polizza assicurativa che copre i rischi legati ai due problemi strutturali italiani: il forte debito e il calo demografico. Con questo arriviamo al nocciolo della questione, se all’Italia non fossero stati garantiti più di 200 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) a che punto saremmo con la nostra economia? Secondo il Centro studi di Confindustria in assenza del Pnrr avremmo registrato nel presente anno una flessione di 0,3% e nel 2026 un magro rialzo allo 0,1, ovvero il Paese sarebbe entrato in recessione. ll tutto in una prospettiva di crescita potenziale prevista nel Documento programmatico del governo nei prossimi tre anni fino al 2028 dello 0,7-0,8%.

Le tensioni internazionali

La domanda che si pone è perché si cresca così poco. Certo giocano le tensioni internazionali ma per l’Italia è decisiva la produttività. Questo indice misura l’efficienza del sistema complessivo, la burocrazia che ostacola l’attività economica, la giustizia che rallenta e rende elefantiaci i processi, l’innovazione che va incoraggiata e sostenuta anche con incentivi, la qualità della pubblica amministrazione, il più possibile immune all’infiltrazioni corruttive della criminalità organizzata, le infrastrutture che non devono essere ridondanti come lo sbandierato Ponte di Messina ma efficienti nella quotidianità degli spostamenti. In breve è l’organizzazione del tessuto economico che facilita in termini di tempo, di denaro e di energie l’attività del singolo operatore economico. La Germania del governo Merz si appresta a lanciare una grande campagna di semplificazione burocratica unita ad un cambiamento radicale dell’attività industriale. L’obiettivo è produrre carri armati in serie come le automobili. Entro il 2030 oltre 800 miliardi con l’obiettivo di raggiungere il 3,5% del Pil per le spese militari nel 2029. Si tratta di puntare all’eccellenza industriale in campo militare per eguagliare i primati raggiunti in passato nel settore automobilistico. Per l’Italia numeri impossibili. E qui si misura la differenza fra un bilancio appesantito dal debito accumulato in decenni di mala gestione e uno sano al 60% del pil. Ma più che di soldi l’Italia ha bisogno di riforme che rilancino la competitività, che sblocchino la libera concorrenza e non proteggano le clientele elettorali.

Ed è forse nella consapevolezza della difficoltà di costringere parti dell’elettorato a rinunciare alle aree protette, lontane dal fisco e dalla libera concorrenza, che Giorgia Meloni enfatizza il boom del turismo che raggiunge il 13% del Pil. Forse dimentica che se manca la crescita industriale e tecnologica, gli ombrelloni non garantiscono la sovranità nazionale.

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