La maggioranza divisa
Il centrodestra s’interroga

Ci si interroga sulle divisioni della maggioranza, sulle liti tra grillini, democratici e renziani, sui veti reciproci che troppo spesso bloccano le decisioni del governo o le rendono incerte e pasticciate. Così si prevede ad ogni passo la sostituzione del Conte 2 con un esecutivo «di salute pubblica», che tuttavia si rileva impraticabile, come fa sapere il Quirinale: oltre questo governo - è l’opinione di Mattarella - ci sono solo le elezioni anticipate. Risultato: Conte resta in piedi per la sua stessa debolezza e per l’eccezionalità del momento. Per converso la straordinarietà della situazione pone il centrodestra in una posizione piuttosto scomoda: la critica al governo nei momenti più tragici del virus è stata facilmente etichettata come «sciacallaggio» (e infatti il consenso al presidente del Consiglio lungo tutto il lockdown è addirittura aumentato); e ora che da affrontare c’è soprattutto la crisi economico-sociale, a tenere banco sono ancora una volta le decisioni di chi ha il timone in mano, mentre le polemiche del centrodestra appaiono dettate dalla necessità di «stare in campo».

E così: il governo promette un miliardo per un determinato settore? L’opposizione subito si alza e dice: «Ne servono due!, anzi 4!». Gioco piuttosto scoperto. Il centrodestra ha una possibilità di successo: che le misure prese da Conte e Gualtieri per contenere gli effetti del Covid sull’economia facciano flop, e cioè: soldi che non arrivano o arrivano col contagocce, sussidi annunciati ma mai visti, cassa integrazione in enorme ritardo, ecc., tali da giustificare una forte tensione sociale come ancora fortunatamente non abbiamo visto. Ma di fronte ad un clamoroso fallimento di Conte sul piano economico, il centrodestra si troverebbe nelle condizioni di essere una reale alternativa di governo?

Su questo punto determinante ci sono parecchi interrogativi. A cominciare da chi comanda nel centrodestra. La concorrenza tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni è nelle cose mentre i continui distinguo di Forza Italia nei confronti dei soci «sovranisti» si sentono e pesano. Con il risultato che l’unico partito di centrodestra ascoltato in Europa, nel Ppe di Angela Merkel e nella Commissione di Ursula von der Leyen, è quello più debole. Mentre chi si contende il primo posto è visto a Bruxelles come un pericolo al pari di Orban e di Marine Le Pen. Poco conta - agli occhi degli alleati - che a primeggiare sia il leghista o l’ex missina.

Salvini negli ultimi sondaggi sta appena sopra il 26% (cioè poco meno di dieci punti in meno delle europee 2019) mentre Fratelli d’Italia continua a crescere (supera il 14%) e punta a strappare ai grillini il terzo posto nella graduatoria elettorale. La Meloni in più non ha concorrenti o rivali nel suo partito (che tutto le deve) mentre Salvini fa i conti con l’ala che mal sopporta le posizioni più radicali sull’Europa (quelle dettate dal duo Borghi-Bagnai) e punta ad un rapporto più stretto con i territori e le forze economiche. I nomi di Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia cominciano a risuonare come un’alternativa a Salvini anche se non possiamo enumerare un solo loro atto che faccia trapelare una simile intenzione. Sono tutti nodi che comunque verranno al pettine se la coalizione giallo-rossa dovesse fallire la prova.

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