La montagna, il turismo e l’equilibrio da trovare

ITALIA. Questa è un’epoca che tende a semplificare fenomeni complessi.

È l’epoca dei post, dei tweet (o ex tali), dei tag. Poche parole per etichettare, non per spiegare. Per rinchiudere dentro recinti banali dinamiche che rispondono a grandi complessità. «Overtourism» è una di queste tendenze alla banalizzazione: là dove il fenomeno turistico assume - o comincia ad assumere - dimensioni notevoli, lo si bolla come «overtourism». Sta capitando anche alle nostre montagne, che nel giro di pochi anni rischiano di passare dai due eccessi opposti: meta di pochi appassionati prima del Covid, meta di troppi improvvisati adesso. E allora, si grida all’overtourism.

Il tema è difficilissimo. Tutti hanno il diritto di andare in posti belli. Tutti andiamo in posti belli. Tutti siamo i turisti di posti abitati da altri. Tutti talvolta diciamo che quel posto «è bellissimo, ma troppa gente». E quasi mai pensiamo che noi, in quel posto in quel momento, eravamo la «troppa gente» degli altri.

Turismo, quale economia?

Ma il turismo è anche economia. Non economia decisiva, perché a basso valore aggiunto, perché porta lavoro spesso stagionale e con retribuzioni non elevate, perché è un’economia fragile (ce lo dice l’esperienza di questi anni: bastano una guerra, una pandemia, il rivitalizzarsi del terrorismo e il turismo quantomeno frena) e perché i turisti cosiddetti «alto spendenti» (quelli del lusso, che dunque richiedono servizi di eccellenza e quindi lavoratori pagati di più per la loro specializzazione) sono ovviamente una piccola minoranza. Il turismo ha tutti questi limiti oggettivi, ma può comunque essere parte preziosa dell’economia di un territorio che disponga della «materia prima», cioè bellezze naturali o patrimonio culturale. Bergamo può vantarsi di entrambi.

Ma restiamo alle montagne, perché il tema non è tanto «l’overtourism» attuale, che di fatto ancora non c’è (quasi mai). Il tema è governare il fenomeno attuale per evitare di arrivare lì, al momento in cui l’overtourism si verifica davvero e un posto fa la fine di Venezia, regolarmente invasa, stravolta al punto che un posto unico al mondo finisce nella categoria negativa delle «destinazioni turistiche».

L’app per sapere dove c’è meno gente

Per questo va accolto con grande favore il progetto che raccontiamo nelle pagine 26 e 27. Oggi siamo tutti abituati a usare le app che ci dicono che strada fare per «andare dove dobbiamo andare» (cit). Questa app dirà agli escursionisti che in quel tal posto c’è «troppa gente», e consiglierà altre destinazioni. Sembra banale, ma può essere una soluzione «win win»: vince la destinazione che non si vede invasa, vince il turista che può godersi la sua bella giornata in montagna senza la calca, senza la coda, senza tutto quel che trasforma la montagna in un posto turistico, o addirittura «overturistico».

Questo può fare la montagna, per tutelare se stessa. Il resto spetta a chi in montagna ci va. Perché va detto chiaro e tondo: la montagna va rispettata e non ci si può andare mai «per moda». La montagna è terra ferma, è il nostro elemento, in montagna non ci sentiamo a rischio.

Ma bisogna approcciarsi alla montagna come ci si approccia al mare. Per il mare si fanno corsi e corsi, per imparare, per stare sicuri. Per la montagna, quasi mai. Eppure occorre capire che in montagna si deve andare con la stessa prudenza che ci spinge, davanti al mare agitato, a starne fuori. E che ci spinge ad avventurarci al largo solo se siamo certi di poter tornare a riva con le nostre braccia.

I rischi della montagna

La montagna i suoi rischi li nasconde «meglio» del mare, ma ci sono, eccome. Attrezzatura, conoscenza del meteo, dei percorsi, della propria capacità di salire ma anche scendere con le nostre gambe: sono requisiti fondamentali per non trasformare il turismo in problema, per non sottrarre soccorsi ad altre e più urgenti necessità. E stare sempre alla larga dai facili consigli di quegli influencer che suggeriscono questo posto e quell’altro (soprattutto dove il conto non lo pagano), incuranti di quel che poi succede quando la gente, in quel posto, ci va per davvero.

Le nostre montagne sono meravigliose, e il turista non è mai da considerarsi un nemico. A patto che sappiamo dirgli dove andare, come andare. E magari, possibilmente, indurlo a contribuire in un modo economicamente non simbolico alla conservazione di questo straordinario patrimonio naturale.

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