La preghiera silenziosa
di Papa Francesco
per i disperati del lavoro

Ha chiesto un minuto di silenzio per quei lavoratori che sono arrivati perfino a togliersi la vita. Papa Francesco denuncia e prega. Denuncia che il lavoro manca e pochi fin qui lo hanno protetto dalla pandemia e prega in silenzio perché ormai non resta altro da fare di fronte alla disperazione di tanti. Il lavoro è il grande assente nelle politiche post-Covid e nelle spese miliardarie che dovrebbero avere forza e forma strutturale e invece, soprattutto nel campo delle politiche del lavoro, sembra che si fermino a rattoppi qui e là con protezioni a spot.

Si è protetta la finanza, si sono protette le filiere più strategiche a cominciare dalle produzioni e dal commercio delle armi che non ha conosciuto crisi in questi due anni, ma non si vede quel salto di qualità per evitare che tutto resti come prima.Eppure quelle morti silenziose, che non appaiono nelle statistiche della pandemia come invece dovrebbe essere fatto, sono lì a ricordare che se non si difende l’occupazione cresce la società della sfiducia e il rischio per le democrazie diventa incalcolabile, perché non sappiamo cosa accadrà nelle economie nazionali e quindi nelle famiglie.

Il richiamo di Bergoglio al «peso insopportabile» è perfetto ed evidenzia il dramma di una società in cui gli attori economici e sociali si muovono da soli, a volte come pedine impazzite, in competizione aperta, senza coesione, ognuno secondo i propri interessi, provocando disastri per la dignità delle persone, aumentando ingiustizie, favorendo sfruttamento e promuovendo solo il precariato, quando va bene.

La pandemia ha peggiorato le cose, ma anche messo in luce l’inadeguatezza di un mercato del lavoro e delle cosiddette politiche attive, quelle che permetterebbero di cercare e trovare più facilmente lavoro, ormai superato dagli avvenimenti e nel quale nessun lavoratore ha più fiducia. Recenti analisi lo hanno dimostrato con il fatto che durante la crisi pandemica la maggior parte dei disoccupati vecchi e nuovi non ha preso contatto con alcun centro per l’impiego, pubblico o privato. È un segno di totale sfiducia nelle politiche presenti. E in Italia è peggio che altrove, perché solo il 18 per cento dei lavoratori ha chiesto aiuto contro una media del 41 per cento degli altri Paesi dell’Unione, secondo un recente dato dell’Ocse.

Senza lavoro non si mangia è la semplice e drammatica constatazione che ieri il Papa ha fatto, riflettendo sul sempre maggior numero di persone che si rivolgono alla Caritas per avere cibo. Ma senza lavoro sparisce anche la dignità e il Papa ieri lo ha confermato spiegando che molti alla sera stanno ancor peggio perché «per dignità» non si sono messi in fila davanti ai centri della Caritas. È qui che la disperazione si fa strada e scuote le menti fino al suicidio.

Perché accade? Dovremmo riflettere con più accortezza e non limitarci ad illuminare il campo come se fosse un fenomeno sociale da indagare con strumenti più precisi in tempo di pandemia. Ciò che va analizzato sono le politiche che hanno permesso purtroppo di arrivare a questa situazione. Bergoglio ha denunciato più volte l’inconsistenza delle promesse di cambiamento proclamate in questi mesi. Non ci crede e lo ha detto chiaro. Ha fatto proposte, dalla riduzione dell’orario di lavoro al reddito minimo o salario universale, che permetterebbero almeno di mangiare ogni giorno. Ha spiegato che il modello predatorio sul quale oggi si regge in buona sostanza l’economia globale va cambiato per una questione di giustizia. Quale effetto ha il modello predatorio sul lavoro? Ieri Francesco ha fornito la risposta: la disperazione e la morte.

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