La responsabilità per l’ambiente

ITALIA. Due recenti eventi accaduti contemporaneamente, agli estremi della penisola - l’ennesimo assalto alla Tav della Val di Susa e l’assedio del Comune di Taranto per l’Acciaieria - hanno segnato uno dei tanti salti all’indietro dell’Italia di oggi.

A cui dovrebbe poter rispondere un ambientalismo pragmatico, che invece non c’è. La vicenda Val di Susa dura da decenni, tra una guerriglia black block e l’altra, quella di Taranto almeno dal 2015, quando la magistratura intervenne bloccando l’impianto. Da una produzione potenziale di 8 milioni di tonnellate si è scesi intanto a poco più di uno. E lo Stato ha continuato a sovvenzionare un impianto che, così come è, brucia 50 milioni al giorno.

Taranto e Val di Susa

Nel pieno di una crisi dello sviluppo industriale, il retrovia della nostra produzione, è sballottato tra ordinanze dei Tribunali, propaganda politica, violenza di piazza, che a luglio ha obbligato il sindaco di Taranto appena eletto a dimettersi per poter tornare a casa la sera. Buon senso e logica fanno pensare che prima o poi la Tav si farà (anche se si spende più in presidi delle forze dell’ordine che in rotaie) e che Taranto non diventerà comunque il parco giochi sognato dai 5 Stelle.

La storia della Tap insegna

È andata così anche per la Tap, il gasdotto di migliaia di km bloccato negli ultimi dieci per la difesa degli ulivi da parte di politici irresponsabili e ambientalisti d’assalto. E meno male che la Tap oggi c’è, che gli ulivi trapiantati stanno molto meglio di quelli aggrediti dalla xilella e che si è potuto anche così rimediare alla crisi russa e oggi forse approvvigionare il futuro impianto green di Taranto, decarbonizzato e alimentato da elettricità e gas.

I problemi ovviamente continueranno tra fautori di una nazionalizzazione che sarebbe un altro salto indietro, pressioni per continuare a bloccare tutto, contrasti sull’utilizzo di una nave rigassificatrice (Taranto non la vuole, si pensa di spedirla in Calabria), e soprattutto una pessima guida governativa. Un compratore ci sarebbe, guarda caso proprio atzero (quelli della Tap) ma resta sempre il dubbio che i grandi players mondiali comprino con forti aiuti statali per poi condizionare l’andamento di un concorrente pericoloso. E’ già accaduto con gli indiani.

Per questioni di questa portata occorrerebbe molta cultura industriale (merce rara da sempre in Italia) e un sano ambientalismo. In Val di Susa e a Taranto abbiamo visto quello addirittura violento. Il problema è che ha perso spazio e autorevolezza quella radice costruttiva che ad un certo momento produsse la migliore stagione di Legambiente e degli altri movimenti di opinione. Da quando Angelo Bonelli ha occupato tutto lo spazio politico «verde», battendo le varie provenienze dell’ambientalismo più responsabile, non esiste più il partito verde che aveva attratto consensi anche al di fuori della sinistra. Ermete Realacci è tornato a occuparsi di ricerche e studi con la sua Symbola e lo stesso ha fatto Edo Ronchi, che, nato movimentista, presiede oggi un Istituto di studi ambientali di grande reputazione, dopo aver legato il suo nome ad un decreto che, sulla spinta iniziale di Carlo Ripa di Meana consente all’Italia dei veri e invidiati record europei nel campo della raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti. Perché alla fine, nel mondo di oggi, la chiave dell’ambientalismo vincente è quella tecnologica e industriale.

Trump e l’ambientalismo

Il populismo, Trump in testa, sta cercando di spazzar via l’attenzione per il clima e l’ambiente, ma le realizzazioni pratiche avviate consentono progressi veri. Il nucleare di nuova generazione è stato presentato dal Governo senza suscitare l’acritica reazione dei decenni successivi ad un referendum emotivo.

Per parlare di cose vicine e tangibili, da poche settimane sulla tangenziale di Milano è aperta una stazione di servizio per carburante a idrogeno e il prossimo anno sarà sperimentata la trazione ad acqua della ferrovia della Val Camonica. L’ambientalismo violento può dunque essere battuto da quello pragmatico, anche per l’evidenza di tanti successi conseguiti. La violenza rischia invece di incoraggiare il negazionismo e la polemica contro il green deal europeo che, con qualche eccesso, è tuttavia un modello positivo.

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