La vera risposta
è il lavoro

L’attacco alla sede della Cgil a Roma e la devastazione che ne è seguita sono un fatto grave. Per la prima volta nel dopoguerra una sede sindacale è attaccata in modo così plateale e violento. Neanche nei turbolenti anni Settanta del terrorismo e delle Brigate rosse si osò tanto. Questa nostalgia di squadrismo, diversamente da cent’anni fa, ha però trovato le istituzioni pronte e solidali nel condannare la violenza organizzata e la sua matrice politica. Tutti questi anni non sono passati invano, la democrazia in Italia ha messo radici, si è affermata in modo definitivo ed è parte integrante del nostro modo di vivere.

Il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, i presidenti di Camera e Senato hanno espresso la loro indignazione per l’atto vandalico e la solidarietà alla maggiore organizzazione sindacale dei lavoratori italiani. Tutte le forze politiche hanno fatto altrettanto, anche quelle che simpatizzano con le ragioni dei no vax. Il governo ha ribadito che il certificato verde mantiene la sua validità ed entrerà in vigore sui luoghi di lavoro il 15 ottobre, come a suo tempo concordato. E tuttavia si pone una domanda: com’è possibile che si sia creato uno spazio politico tale da consentire a minoranze di facinorosi di emulare gli atti squadristici di cent’anni fa?

Viviamo una fase di passaggio economica, sociale e culturale simile a quella vissuta alla fine dell’ Ottocento e ai primi del Novecento quando l’industrializzazione prende piede in Europa e modifica gli equilibri sociali preesistenti. Un disagio che si manifesta ora nel passaggio alla rivoluzione tecnologica e alla globalizzazione. Predomina l’incertezza e la paura induce a pensare più ad un passato rassicurante che ad un futuro ancora ricco di incognite. Un disagio che la pandemia ha esacerbato. La Banca d’Italia lo descrive: «L’impatto… ha colpito soprattutto gli individui con lavori più instabili e quelli occupati nei settori maggiormente esposti, determinando un significativo aumento della disuguaglianza dei redditi».

È questa l’acqua nella quale nuotano il sovranismo, l’etnocentrismo, il populismo. Li unisce l’avversione alle istituzioni che molti interpretano come causa dei propri mali. In questo contesto lottare contro le vaccinazioni vuol dire riportare il Paese in una situazione di insicurezza sanitaria. L’esperienza dello scorso anno ci dice che la conseguenza è un ritardo nella ripresa economica e quindi uno stato di crisi permanente dalla quale solo le forze estremiste hanno da giovarsi. Da qui occorre partire. È il fronte del lavoro la vera risposta alla sfida del momento. Sono le forze produttive, quelle che permettono al Paese di essere la manifattura più grande in Europa dopo la Germania. Quella che il governo Draghi ha intrapreso è una battaglia per la crescita che impegna le forze sociali. La coesione è la parola d’ordine. Un fronte che unisca imprenditori e lavoratori e faccia del riscatto economico, il riscatto dei più poveri, di quelli che hanno visto ridursi drasticamente il loro reddito e con esso le speranze di miglioramento. Non cadiamo in questi momenti nel vittimismo. Il travaglio italiano è il travaglio europeo. Anzi in Italia ha prevalso la moderazione. In Germania hanno assaltato in piena pandemia il Parlamento, vi sono la Sassonia, la Turingia dove l’AfD del populismo nostalgico, nazionalista e cripto-razzista è il primo partito. In Francia prima i gilet gialli, poi i no vax hanno portato il Paese alla guerriglia urbana. Una parola fa la differenza: rispetto. L’ha pronunciata il presidente Mattarella in questi giorni e sta in cima al programma del futuro cancelliere tedesco Olaf Scholz. È il filo rosso che unisce l’Europa democratica.

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