Le novità a scuola
questioni distorte

Due temi, l’insegnamento dell’Educazione civica e le sanzioni disciplinari nella scuola primaria, hanno attratto l’attenzione dei media in questi ultimi giorni e le notizie che si sono lette ed ascoltate offrono, purtroppo, l’ennesima ed esplicita dimostrazione di come si possano essere distorte questioni che, di primo acchito, sembrano riguardare solo la scuola e chi ci lavora o la frequenta, ma, in realtà, pongono interrogativi drammaticamente attuali su un problema centrale per un Paese democratico: la conoscenza e il rispetto delle regole del vivere civile. Rispetto che poggia sulla conoscenza di queste stesse regole, che vanno certamente insegnate, ma che necessitano, per essere apprese, di una corrispondente e continua testimonianza agita da parte di tutti coloro che partecipano alla comunità sociale, a partire da chi, in essa, ha compiti e ruoli di responsabilità.

Ed è discorso, questo, che vale a scuola e fuori dalla scuola, ovunque, senza soluzione di continuità. Vediamo i fatti che hanno stimolato l’attenzione dei media su questo problema. Il 2 maggio scorso la Camera dei deputati ha approvato il testo unificato di più proposte di legge con cui si prevede una serie di modifiche/novità che ruotano intorno ai temi propri dell’educazione al rispetto delle regole della vita civile: 1) l’insegnamento dell’Educazione civica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, 2) la formazione in servizio dei docenti rispetto a questo insegnamento, 3) il contrasto al cyberbullismo, 4) l’estensione alla scuola primaria del Patto educativo di corresponsabilità, 5) la valorizzazione delle buone pratiche di insegnamento di Educazione civica. Sul primo e sul quarto di questi punti si sono accesi i riflettori massmediatici, ancorché non si tratti che del primo passaggio dell’iter parlamentare di una proposta di legge che deve ora passare al vaglio del Senato.

Il primo punto, modificando una precedente norma, introduce l’insegnamento di Educazione civica, da realizzarsi per non meno di 33 ore in un anno scolastico all’interno del monte ore obbligatorio attuale. Detto altrimenti: questo insegnamento non aggiunge nulla al tempo scuola attuale e viene affidato nel primo ciclo in contitolarità a docenti che già insegnano altre discipline, nel secondo ciclo ai docenti abilitati all’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche. La proposta approvata dalla Camera dichiara esplicitamente che questo «nuovo» insegnamento sostituisce quello di Cittadinanza e Costituzione, che a partire dall’anno scolastico 2008/2009 prevedeva, in base alla legge 169/08, l’attivazione di azioni educative e didattiche finalizzate all’acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle conoscenze e delle competenze relative ai temi della Cittadinanza e Costituzione, nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale; iniziative analoghe erano previste per la scuola dell’infanzia. Qual è la novità, a parte il ritorno alla consueta espressione Educazione civica?

Appaiono bisognose di maggiore chiarezza le affermazioni contenute nella proposta approvata che prevedono sia un docente coordinatore (quale?) che formula la proposta di voto acquisendo elementi conoscitivi dagli altri docenti a cui è affidato il medesimo insegnamento (il voto, cioè, sarebbe attribuito non da chi insegna questa disciplina, ma ad un altro docente), sia la verifica da parte del dirigente scolastico della piena attuazione e della coerenza di questo insegnamento con il Piano triennale dell’offerta formativa. Accanto ad una più chiara articolazione, è inoltre necessario interrogarsi sull’efficacia reale di una tale proposta che sembra radicare nella convinzione per cui la giustapposizione dell’insegnamento delle conoscenze proprie dell’Educazione civica e la relativa espressione di una valutazione quantitativa sia la strada maestra per migliorare gli apprendimenti degli allievi e accompagnarli ad essere persone e cittadini rispettosi di sé e degli altri. Così facendo, in realtà, si dimentica che è, sì, necessario che ogni allievo della nostra scuola acquisisca, e bene, la conoscenza della Costituzione e del pluralismo istituzionale, ma il rispetto di queste norme, la loro quotidiana trasformazione in azioni corrette, rispettose di sé e degli altri, è compito professionale preciso di tutti i docenti che sono chiamati a lavorare in modo interdisciplinare e connesso tra di loro, ai fini dell’educazione integrale di ciascun allievo.

Il secondo punto che ha alzato l’attenzione massmediatica su questa proposta di legge è quello che prevede l’esplicita estensione alla scuola primaria del Patto educativo di corresponsabilità tra scuola e famiglia, già previsto dal Dpr 249/98 per la scuola secondaria di I e II grado ed abrogativo di alcune norme risalenti ad un Regio decreto del 1925. Il timore paventato ed enfatizzato dall’informazione circa una deriva lassista nella scuola primaria, provocata da questa proposta, appare totalmente privo di fondamento: è sufficiente consultare in rete il Regolamento interno di uno delle migliaia di Istituti comprensivi, in cui sono oggi organizzate le scuole primarie, per verificare empiricamente come un ragionevole utilizzo delle regole dell’amministrazione pubblica abbia permesso da tempo, ai dirigenti e ai Consigli d’Istituto, di estendere alla scuola primaria quanto previsto per il grado successivo, in una prospettiva educativa di crescita umana e civile dei loro studenti.

Resta aperto, piuttosto, un altro tema da decenni sul tavolo dei decisori politici che si sono succeduti: se è vero che la collaborazione scuola-famiglia è strategica per l’educazione dei nostri giovani, perché non provare ad affrontare fino in fondo le norme che ancora oggi la regolano e che risalgono ai decreti delegati del 1974? Forse che le scuole e le famiglie del 2019, al di là dei principi generali, hanno caratteristiche e problematiche ancora sovrapponibili a quelle delle scuole e delle famiglie di 45 anni fa?

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