L’offensiva sul fisco: la minoranza ci prova

FISCO. L’ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva aveva da approvare un contenuto «omnibus» di provvedimenti eterogenei, secondo la pluridecennale tradizione sempre criticata dal Quirinale e mai abbandonata (nonostante le ripetute promesse) dai governi che si sono succeduti.

In ogni caso, il dl approvato ieri sera aveva due grane particolarmente serie da affrontare: i taxi e le compagnie aeree. Entrambe le corporazioni interessate hanno protestato per le misure annunciate per ovviare alla carenza di auto pubbliche durante la stagione turistica nelle nostre principali città e al caro voli, soprattutto verso le isole, dovuto ai meccanismi degli algoritmi. Da quello che si è capito, i taxi l’hanno spuntata ma solo in parte: hanno sì ottenuto il dietrofront sul cumulo delle licenze (che secondo loro sarebbe stato un «Cavallo di Troia» per l’ingresso delle multinazionali) ma hanno dovuto accettare l’aumento del 20% delle concessioni cui si dovrebbero aggiungere delle autorizzazioni temporanee legate ai periodi di «picco». I taxisti avevano minacciato di bloccare le città, vedremo adesso come reagiranno: tutte le sigle sindacali, di destra e di sinistra, hanno alzato la voce verso un governo e una maggioranza che pure è accusata di avere fin troppo un occhio di riguardo nei confronti della loro lobby.

Quanto alle compagnie aeree, ciò che non accettano è che il governo stabilisca una sorta di «tetto» al prezzo dei biglietti bloccando i meccanismi di profilazione web del cliente che cerca un volo da prenotare e acquistare. È probabile che le varie compagnie si rivolgano a Bruxelles contro la presunta violazione delle regole comunitarie di libero mercato che stabilirebbe un «pericoloso precedente» contrario al business e alla stabilità dei posti di lavoro del settore ( minaccia, neanche tanto velata).

Chi invece ha ottenuto ciò che voleva è stato Matteo Salvini che si è presentato in Consiglio con la richiesta di una deroga ai limiti di stipendio per i super professionisti che dovranno costruire il Ponte di Messina: anche se le opposizioni lo usano come facile argomento polemico, tutti sanno che il tetto stabilito a suo tempo dal governo Renzi per gli emolumenti della pubblica amministrazione (pari a 240mila euro) per quanto possano sembrare altissimi al comune cittadino, sono largamente fuori mercato quando si parla di alte professionalità, soprattutto in campo tecnico-manageriale internazionale. Si diceva che la richiesta non piacesse alla Meloni, al sottosegretario Mantovano e a FdI, ma pure è passata senza troppe difficoltà. Chi enfatizzava lo stato di tensione tra Meloni e Salvini ha avuto dagli interessati una risposta via selfie: di fronte ad una bistecca alla fiorentina e ad un bicchiere di Chianti i due, accompagnati dai rispettivi partner, hanno mandato via social da Bolgheri un messaggio di tranquillità.

Insieme al rafforzamento del golden power per evitare l’emigrazione verso altri Paesi di competenze industriali strategiche nazionali, alle misure più dure nei confronti di chi appicca gli incendi e ad altri provvedimenti a favore dello sviluppo del ramo dei microprocessori, queste erano le novità principali del decreto. Ma il governo deve affrontare in queste ore una forte offensiva delle opposizioni sul tema della delega fiscale, dalla sinistra giudicata iniqua e favorevole agli evasori. «Ma è la stessa normativa del governo Draghi» ha spiegato il deputato economista renziano Marattin, «in materia di riforma di Irpef, Iva, Ires, Irap». Lo scontro viene comunque bene perché c’è stata l’abolizione del Reddito di cittadinanza e questo consente alla sinistra di Conte e Schlein di dipingere un governo di destra amico dei ricchi evasori e «nemico dei poveri».

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