L’ovazione della Scala
e l’enigma Quirinale

Sei minuti di applausi all’ospite d’onore non si erano mai visti. Un applauso interminabile quello dell’altra sera rivolto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, affacciato al palco reale della Scala di Milano con la figlia prima dell’esecuzione del Macbeth. Un omaggio «storico» al Capo dello Stato mai visto prima né nel tempio della lirica né altrove, accompagnato dall’inequivocabile grido «bis!». Per sei minuti quello della Scala pareva un clima risorgimentale, «verdiano», da 1848. Dunque la classe imprenditoriale, il jet set e la borghesia meneghina hanno già detto la loro in merito alle prossime elezioni per il Quirinale, così come era avvenuto al Teatro San Carlo di Napoli in occasione della prima dell’Otello del 22 novembre (5 minuti di applausi).

Ma il parere dei cittadini comuni non è molto dissimile stando ai sondaggi, così come quello dei partiti che compongono tutto l’arco costituzionale: il successore di Mattarella per tutti dovrebbe essere Mattarella. Anche la senatrice a vita Liliana Segre ha dichiarato che voterebbe un candidato che assomigliasse all’attuale inquilino del Quirinale. Ma il candidato del popolo, come è noto, non è d’accordo e non vuole concedere alcun bis, per motivi personali e squisitamente costituzionali. Quattordici anni di presidenza della Repubblica sono una monarchia, diceva Alberto Ronchey, e l’eccezione di Napolitano, se riconfermata, rischierebbe di divenire prassi istituzionale. I leader dei partiti, da Letta alla Meloni, insisteranno, forse con l’eccezione di Berlusconi. La proposta di legge del Pd che vietava la rieleggibilità del presidente della Repubblica ha fatto andare su tutte le furie l’attuale inquilino in uscita del Quirinale, perché qualcuno l’ha vista come una velata manovra che spingeva per un’ultima eccezione, una sorta di lasciapassare per un secondo mandato a febbraio. Poi, magari, una volta approvato il disegno di legge Mattarella avrebbe dovuto dimettersi. Per l’interessato ancora una volta è stata l’occasione per ribadire che non ci sarà un secondo mandato e che il contenuto del ddl semmai è in piena sintonia con il suo pensiero e va applicato a partire da lui stesso. Recentemente il Capo dello Stato aveva citato due suoi predecessori, Antonio Segni e Giovanni Leone, propensi a una riforma di legge costituzionale che introducesse il principio della non rieleggibilità e la conseguente abolizione del semestre bianco. Se il presidente non può essere rieletto infatti non c’è nessuna necessità che gli sia vietato di sciogliere le Camere nell’ultimo periodo del suo mandato. La norma infatti era stata introdotta dal costituente per evitare che potesse favorire con un nuovo Parlamento più legato alla sua persona la sua rielezione.Dunque la partita per il Quirinale rimane un enigma. Si sa solo che si preannuncia molto difficile e complicata. Il candidato, vista la larga maggioranza richiesta (due terzi le prime tre chiamate, poi il 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto) deve attraversare gli schieramenti, ed è necessariamente una figura «di centro», più capace di schivare i veti che attirare consensi. Draghi è certamente il favorito, ma l’attuale presidente del Consiglio è giudicato più utile al Paese in questa veste, visto il futuro che ci aspetta. Mattarella, che è stato ministro ma era considerato più dal punto di vista della dottrina costituzionale e quindi fuori dai giochi politici (era membro della Consulta) fu eletto con motivazioni istituzionali visto il ruolo di «arbitro della Costituzione» che si richiede al Capo dello Stato. Non sono molti i candidati alternativi, a parte Draghi, nel caso Mattarella dovesse insistere sul rifiuto di accettare un nuovo mandato: Carlo Casini, Giuliano Amato, Gianni Letta e Marta Cartabia, giurista, presidente emerito della Corte costituzionale, ministro della Giustizia con un ruolo «tecnico», peraltro molto stimata da Mattarella.

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