Maggioranza, lo stato di salute in tre foto

ITALIA. Per misurare lo stato di salute della maggioranza di centrodestra in prossimità delle elezioni europee ed amministrative e dopo un anno e mezzo di governo, oggi si possono scattare tre fotografie.

Prima foto, scenario: Cagliari. Sul palco per il comizio finale della maggioranza alla vigilia del voto sardo stanno, sorridenti e distesi, tutti i leader arrivati da Roma per sostenere il candidato governatore Paolo Truzzu: sindaco di Cagliari, esponente dei giovani meloniani, imposto da Giorgia Meloni a Matteo Salvini che ha provato a impuntarsi nel sostegno al governatore uscente Solinas ma ha dovuto fare marcia indietro di fronte ad una irremovibile presidente del Consiglio decisissima ad andare avanti nella sua marcia di conquista della Sardegna (e di altre Regioni) qualunque fosse la posizione dell’alleato. Ieri sul palco i tre capi del centrodestra hanno mostrato il volto dell’unità e della concordia mostrando di volersi lasciare alle spalle la lite su Solinas-Truzzu. Questo è in effetti un elemento di forza tradizionale dei partiti del centrodestra, sapersi unire e farsi vedere uniti nei momenti che contano: «Ci vogliono far litigare ma governeremo per cinque anni!».
Ma in questo caso c’è un’incognita: i sondaggi non danno per scontata (come sembrava all’inizio) la vittoria di Truzzu che anzi subisce una forte concorrenza della candidata del «campo largo» Pd-M5S Todde (nonostante la scesa in campo fratricida dell’ex governatore Soru ancora forte nell’isola). Alla fine Truzzu dovrebbe farcela, ma se non andasse così molte cose dovrebbero essere ridiscusse, e sicuramente Salvini presenterà il conto all’alleata: sarà più difficile per FdI sottrargli la ricandidatura della leghista Tesei in Umbria, sarà più facile per la Lega piazzare un proprio candidato in Basilicata, oggi retta da un berlusconiano, sarà più imperativo per la maggioranza difenderlo dall’inchiesta avviata sul progetto del Ponte di Messina, anche se il fascicolo della Procura di Roma è contro ignoti e non lo coinvolge personalmente.

Seconda fotografia, Senato della Repubblica. Oggi si vota l’emendamento della Lega per consentire un terzo mandato ai governatori regionali. Salvini non ha voluto sentir ragioni, non ha voluto ritirare una proposta che vede contrari sia Meloni che Tajani. Il leader della Lega ci tiene troppo: intanto è un suo vecchio pallino, ma poi significa poter ricandidare Zaia per la terza volta in Veneto senza correre il rischio che il Doge viri le sue ambizioni direttamente verso la segreteria nazionale della Lega (soprattutto se alle europee la Lega andasse male). Oggi l’emendamento sarà bocciato con il voto contrario di Forza Italia e Fratelli d’Italia, e non ci sarà – salvo sorprese – l’aiuto di quella parte del Pd che pure sarebbe d’accordo con Salvini sul terzo mandato. Tutti dicono: la bocciatura non costituirà un problema per la maggioranza e il governo, nessun problema, nessun rischio. Ma pochi sono disposti a crederlo.

Terza fotografia, Camera dei Deputati. Carlo Calenda ha deciso di presentare una mozione di sfiducia individuale contro il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini accusato di avere legami con la Russia di Putin e di aver fatto dichiarazioni sulle responsabilità del Cremlino nell’assassinio di Navalny non condivise da Meloni e Tajani, respinte dalla Commissione a Bruxelles, accolte con un coro di critiche un po’ ovunque, in Italia e fuori. La mozione di sfiducia sarà votata dal M5S – lo ha assicurato Conte – e difficilmente il Pd potrà sottrarsi. Chiaro che Forza Italia e FdI voteranno contro ma dovranno argomentare, e non sarà facile difendere il ministro prendendo nello stesso tempo le distanze dalle sue dichiarazioni su Putin e ribadendo la linea ufficiale del governo espressa in ogni sede internazionale e ripetuta da Tajani all’ambasciatore russo convocato alla Farnesina.

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