Manovra e non solo
Conte bis alla prova

A Giuseppe Conte non manca sicuramente l’abilità dialettica ma certo oggi dovrà fare un ricorso straordinario alle sue doti pronunciando il discorso programmatico del nuovo governo di fronte alla Camera cui chiederà la fiducia. Sì, perché Conte è nello stesso tempo l’uomo che rappresenta il recente passato da cancellare e il futuro da inventare: è sempre lui al timone, sia del governo color giallo-verde, fortemente spostato a destra, sia di quello vestito di giallo-rosso e pencoli vistosamente a sinistra. È l’uomo che si è passato la campanella del Consiglio dei ministri, nella tradizionale cerimonia del passaggio delle consegne, dalla mano destra alla mano sinistra, e mai simbolismo fu tanto azzeccato.

Fuori i leghisti, dentro i democratici che naturalmente chiedono «discontinuità» ai grillini rimasti al potere ieri e oggi. Grillini che odiavano con eguale intensità sia i leghisti che i democratici, e si sono alleati prima con gli uni e poi con gli altri. Con quelli il fidanzamento è andato avanti tempestosamente per quattordici mesi, con questi si vedrà. Molto dipende, appunto, dall’abilità dell’avvocato Conte che oggi tenterà l’esercizio di prendere le distanze da qualcosa che si è condiviso fino in fondo (per esempio la chiusura dei porti) e nello stesso tempo di proporsi come «homo novus», (magari per riaprirli, i porti).

Conte ha annunciato che parlerà «soprattutto di futuro», e si capisce perché, ma anche nel futuro ci sono alcune cose su cui dovrà pur dire una parola di chiarezza. A cominciare dalla manovra economica che dovrà cominciare a vedere la luce in Parlamento già il 27 settembre con la Nota di aggiornamento: come trovare le risorse per far fronte agli impegni presi con Bruxelles sui conti e sull’Iva sarà materia dell’immediato «futuro» di cui Conte si deve occupare. Certo si avvantaggerà del clima nuovo che si è creato intorno al nuovo governo e alla defenestrazione (volontaria, in realtà) di Salvini: già al Forum Ambrosetti di Cernobbio l’Europa ha parlato annunciando maggiore comprensione per i nostri problemi sui conti pubblici - e questo vuol dire che ci faranno aumentare un poco il deficit, forse sino al 2,3 per cento – e anche Mattarella ha dato una mano chiedendo per iscritto che si riveda il Patto di stabilità che ci ha finora strozzato e che si apra una nuova stagione di crescita più che di austerità, di parità ed equità fiscale nella Ue, di sostegno alle fasce deboli della popolazione aumentate a dismisura come conseguenza della lunghissima crisi economica.

Una volta esaurito il tema economico, sicuramente Conte dovrà raddrizzare la linea di politica estera: basta con le parolacce sovraniste urlate a Bruxelles, amici degli americani senza riserve e nessuna ambiguità coi russi e coi cinesi. I grillini su questo, dopo aver votato la von der Leyen alla Commissione europea si sono allineati prontamente, dimenticando i fugaci innamoramenti per Nelson Farage, i gilet gialli e i dittatori venezuelani. Più complicata per Conte la piroetta sulle grandi opere (la neoministra Pd De Micheli ha già chiarito che «dalla politica non verrà più nessun ostacolo ideologico ai cantieri», e tanto è bastato ai grillini per allarmarsi), e anche sulle grandi concessioni: le autostrade, per esempio, ma anche l’Alitalia e, perché no?, il Monte dei Paschi.

Questo governo giallo-rosso ha una larga maggioranza alla Camera e, secondo tradizione, numeri risicati al Senato. Qui c’è da tener d’occhio soprattutto lo stato psicologico dei grillini che sono molto pressati da una base che - nonostante il voto sulla piattaforma Rousseau - è largamente in rivolta contro l’alleanza con gli odiati democratici (sembra che la designazione di Gentiloni alla Commissione europea abbia riacceso la protesta dei militanti). L’intenzione dei due partiti alleati è di durare almeno fino all’elezione del nuovo presidente della Repubblica: non sarà facile. Ora è il momento dell’euforia dovuta allo scampato pericolo delle elezioni anticipate e alla tonificante distribuzione di potere ministeriale. Ma verranno i giorni più difficili delle decisioni da prendere mentre da fuori Salvini - ormai del tutto consapevole degli errori commessi - bombarderà tutti i giorni il «governo delle poltrone».

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