Matteo e Giorgia
insieme per forza

Alla presentazione del candidato del centrodestra alla poltrona di sindaco di Milano, ieri, non si è neanche provato a nascondere la tensione di fronte alle telecamere: il nervosismo di Ignazio La Russa per una questione di poltrone in platea, le dichiarazioni dal palco di Daniela Santanchè contro chi «non ha lo spirito di coalizione» e soprattutto l’assenza ingiustificata e clamorosa di Giorgia Meloni alla manifestazione di lancio del candidato comune a Palazzo Marino, hanno dimostrato che in questo momento tra Fratelli d’Italia da una parte e Forza Italia e Lega dall’altra i rapporti sono pessimi.

Dopo la lunghissima polemica sulla presidenza del Copasir (il comitato parlamentare di controllo sui servizi) che i leghisti hanno impiegato mesi a mollare a FdI, è deflagrato la bomba delle nomine Rai a peggiorare il clima. In effetti, il nuovo consiglio di amministrazione della Tv di Stato per la prima volta non vede la presenza di un rappresentante dell’opposizione, che poi è solo Fratelli d’Italia. Forza Italia, con Simona Agnes, e la Lega con Igor de Bladio, hanno occupato i due posti a disposizione del centrodestra eliminando il candidato della Meloni, peraltro un consigliere uscente, Gian Paolo Rossi, tanto potente e abile nella gestione del potere aziendale quanto inviso ai suoi stessi compagni di strada. L’esclusione di Rossi ha provocato le proteste di Giorgia Meloni e la promessa di Guido Crosetto, suo fedele e ascoltato consigliere: «In politica gli schiaffi si restituiscono».

E così avverrà, prima o poi. Si tratta solo di cercare di prevedere su quale campo di gioco avverrà questa ennesima puntata della «conflittualità seriale» tra la leader della destra e Matteo Salvini. Una lotta per la leadership innescatasi nel momento in cui il primato elettorale leghista si è andato ridimensionando (dal 34% delle elezioni europee del 2019 al 20 e spiccioli che i sondaggi registrano oggi) parallelamente alla crescita di Fratelli d’Italia che ormai tallona l’alleato ad una distanza di mezzo punto e punta al posto di primo partito italiano. «Evidentemente stiamo dando fastidio» è stata l’acida dichiarazione di Giorgia Meloni. Addirittura La Russa ha accusato «qualcuno di voler far saltare il centrodestra», cosa in realtà impossibile: i partiti della coalizione – che la legge elettorale peraltro «obbliga» a stare insieme – hanno a portata di mano la vittoria alla prossima tornata politica e, se staranno uniti, riusciranno ad imporre un loro candidato al Quirinale per il dopo Mattarella: non a caso Renzi ha già fatto la prima mossa per trattare con loro.

Dunque tutto congiura perché Matteo e Giorgia continuino a stare insieme. Il problema di Salvini però è ridimensionare le pretese della concorrente, e può farlo insieme ai berlusconiani: ecco perché si fa sempre più probabile la nascita di una sorta di «federazione» con Forza Italia: insieme, per quanto in calo elettorale, i due partiti possono fermare il pericoloso attivismo meloniano. Certo, questo implica per Salvini una certa revisione dei suoi slogan, soprattutto in campo europeo. Berlusconi è nel Ppe, è collegato con la Cdu e con i moderati europeisti, in una collocazione più affine a quella di un Giorgetti che dello stesso Salvini, che qualche settimana fa firmò insieme alla Meloni un manifesto ideologico con Orban e altri partiti di destra sovranista e anti-europeista. Però, si farà di necessità virtù. Difficile invece che la Meloni possa ribattere con qualche ritorsione elettorale, per esempio facendo mancare i voti ai candidati non suoi in Campania e in Calabria: i leghisti e i berlusconiani avrebbero buon gioco a far mancare i voti al candidato sindaco di Roma Michetti, fortemente voluto dalla romanissima leader del partito. Perdere la Capitale per i giochi interni della coalizione supererebbe il livello di guardia dei contrasti, e a questo nessuno vuole arrivare.

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