Migranti, si cambia
Collegialità e più Europa

L’immigrazione è uno dei temi sui quali il Pd ha chiesto discontinuità al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma i dem sanno anche che è un fenomeno sul quale si gioca parte del consenso elettorale. L’ex ministro degli Interni Matteo Salvini lo governò in solitudine, con il pugno duro e una verbosità spesso tracotante, senza remore nel porre l’equazione diffamatoria e generalizzante «immigrati sbarcati uguale criminalità». Ma quell’incontinenza verbale nascondeva anche qualche inganno. Con la politica dei porti chiusi, gli sbarchi sono diminuiti del 72,29% in un anno: meno 31.860. Ma prima di Salvini, al Viminale Marco Minniti in minor tempo riuscì a ridurre gli sbarchi del 78%, a fronte di maggiori partenze. Il ministro del Pd, contestato da sinistra, puntò sugli accordi col governo e con le tribù libiche e del Niger, il suo successore invece sulla Guardia costiera di Tripoli e sulla lotta serrata alle imbarcazioni delle ong (la senatrice a vita Liliana Segre, 89 anni, superstite dell’Olocausto, ha detto martedì in Aula: «Un mondo in cui chi salva vite, anziché premiato, viene punito mi pare proprio un mondo rovesciato»). Gli sbarchi imputabili alle ong sono peraltro solo il 10%.

Sul fronte delle espulsioni degli irregolari, il primo governo Conte ne ha portate a termine 6.500, il governo Gentiloni 7.383. Non solo: il primo decreto sicurezza abolendo il permesso umanitario ha creato altri 56 mila irregolari. Ma questo è il passato, che abbiamo voluto richiamare solo per rimarcare il cambio di passo che il presidente del Consiglio intende dare rispetto al fenomeno nel suo nuovo mandato, spostato a sinistra.

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