Nel talk show
emozione virus

Il gran botto lo ha fatto, manco a dirlo, la reginetta dei talk show Barbara d’Urso. A Pasquetta nel corso di «Pomeriggio 5», è stato trasmesso un vero inseguimento in diretta dalla spiaggia di Jesolo (Venezia), da una troupe della trasmissione a bordo di un elicottero della Guardia di finanza. Toni eccitati per rintracciare una persona colpevole di passeggiare in spiaggia con il cane violando la quarantena: «Ecco Barbara, Barbara! L’uomo ha aumentato il passo e sta scappando, lo stiamo inseguendo! Si allontana tra le case e lo stiamo inseguendo! Andrea, inquadra!» incitava l’inviata in prima linea.

La scena rimandava a ben altro inseguimento con gli elicotteri in diretta, quello di OJ Simpson, ex stella del football americano, attore, finito in carcere per l’omicidio della moglie. In quel caso le telecamere ripresero il tentativo di fuga del divo su un’autostrada statunitense, inseguito dalla polizia.

Intendiamoci, è giusto intercettare e sanzionare chi non rispetta il divieto di uscire di casa, ma la spettacolarizzazione di un fatto che si verifica tutti i giorni diventa stucchevole, sa di giustizialismo a buon mercato, di caccia all’untore per esporlo al pubblico ludibrio. «Pomeriggio 5» è la stessa trasmissione che ha dato ribalta alla recita de «L’eterno riposo» dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, insieme alla conduttrice. «Io e te Matteo ci conosciamo benissimo, ti avrò invitato in studio cinquanta volte» è stata l’apertura confidenziale della D’Urso, quasi a ritagliarsi un perimetro di confidenzialità e di intimità che mettesse al riparo da critiche. Pregare per i 10 mila morti di coronavirus è gesto apprezzabile ma non in un talk show che teatralizza ogni fatto. La recita delle preghiere è un gesto intimo, pubblico in determinati contesti, ma mai da esibire. Alcide De Gasperi aveva sempre in tasca il Rosario e lo recitava nel corso delle sue giornate di presidente del Consiglio, ma mai davanti alle telecamere, allora agli esordi.

Il canovaccio di queste trasmissioni gioca molto sull’emotività del pubblico, sul sentimentalismo. Prevede una sceneggiatura abbastanza prevedibile. In queste settimane tragiche c’è chi ha mandato in onda servizi su famiglie che hanno in casa un malato di Covid-19 e non ricevono l’assistenza adeguata: non hanno protezioni per difendersi da possibili contagi e il parente ammalato viene seguito dal medico al telefono. Ma ci sono altre famiglie che, pur non avendo il virus in casa, hanno perso i redditi che gli permettevano di vivere senza chiedere un aiuto e ora sono in difficoltà economiche. Di fronte a queste storie non si può restare indifferenti, sollevano senso di solidarietà, in tanti emozioni e indignazione per uno Stato assente. Sentimenti che il conduttore è subito pronto a cavalcare, additando nel governo il principale responsabile della disfatta.

Giornalisti come Mario Giordano (che guida «Fuori dal coro», su Rete 4) commentano queste storie alzando il tono della voce, parlando alla pancia dei telespettatori più che alla testa. Razionalità vorrebbe che si dicesse anche del grande ostacolo alle decisioni governative (di qualsiasi colore fosse l’esecutivo), che appesantisce e ritarda ogni mossa, anche quelle adottate in questi giorni a sostegno delle famiglie impoverite dalla pandemia e delle imprese: la burocrazia, che andrebbe alleggerita tagliando leggi e ammodernata con sistemi informatici adeguati (il sito Inps andato in tilt per le richieste di contributi da parte delle partite Iva non ci dice niente?).

A seguire questo canovaccio informativo, anche se in modalità più sfumata, è pure Nicola Porro, conduttore di «Matrix» su Canale 5 e di «Quarta Repubblica» su Rete4. Il giornalista è stato contagiato dal Covid-19 ma per fortuna è guarito. Durante la quarantena si collegava con lo studio e dava corso a delle intemerate contro i decisori dei provvedimenti sul coronavirus.

Ma anche il più istituzionale dei conduttori di talk show è cascato nella ricerca del consenso facile. Bruno Vespa ha pubblicato sul suo profilo Facebook un testo, chiedendo provocatoriamente che fine avessero fatto le organizzazioni non governative (ong) che salvavano i migranti naufraghi nel Mediterraneo, in particolare Medici senza frontiere, adesso che ci sarebbe bisogno di loro negli ospedali sotto pressione per la pandemia. Vespa non sapeva però che proprio questa ong era impegnata da una decina di giorni nell’ospedale di Codogno, nel Lodigiano, terra del primo focolaio in Italia. Anche le altre operano in Italia o nei rispettivi Paesi d’origine contro il virus. Vespa non ha nemmeno chiesto chiusa per l’inciampo.

In questo tempo così tragico, nel quale ci confrontiamo con una pandemia aggressiva e invasiva senza avere ancora il vaccino per distruggerla, servirebbe che anche i talk show abbassassero i toni (come ha fatto l’effervescente Massimo Giletti, conduttore di «Non è l’arena» su La7) offrendo agli italiani un servizio per comprendere la complessità della situazione. La tv resta uno dei principali canali d’informazione in Italia, soprattutto per gli anziani. Almeno in questo tempo grave bisognerebbe sotterrare l’ascia di guerra, dare voce agli esperti e non giocare sulle emozioni e sulle semplificazioni. Così è troppo facile.

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