Palazzolo Santo, testimone attuale di fede e di carità

Campane a festa in tutta la Bergamasca oggi per l’evento della canonizzazione in piazza San Pietro di don Luigi Maria Palazzolo, semplice e umile bergamasco che si è spogliato dei suoi beni ed è diventato volontariamente povero per amore del prossimo e che ha fatto della vicinanza ai più poveri la missione della sua vita.

La gioia di Bergamo e dei bergamaschi per l’iscrizione di don Luigi Maria Palazzolo nel libro dei santi, insieme ad altre nove persone che hanno fatto posto alla luce di Dio nel proprio cuore e l’hanno trasmessa, ciascuno secondo la propria «tonalità», è dettata da più motivi. Anzitutto è un onore vedere la propria città al centro dell’attenzione per un prete tutto bergamasco, nato nella centralissima via XX Settembre, che ha dato una splendida testimonianza di bene, con una vita operosissima, lineare e coerente, spinto unicamente dalla passione del Vangelo che gli ardeva in cuore, schivo di riconoscimenti e di applausi per i suoi meriti. Il bergamasco additato oggi come esemplare testimone di carità è stato pioniere nell’assistenza agli orfani della nostra città e ha fondato un Istituto che continua a svolgere una grande opera di bene in Italia e all’estero, in particolare dove si manifestano forme di povertà che lasciano le persone ai margini della vita.

«Nulla per sé e tutto per gli altri». Così ha scritto di lui Giovanni Battista Caironi, il primo direttore di questo nostro giornale, tracciandone il profilo all’indomani della morte. Alla scuola del Collegio apostolico, che riuniva preti esemplari per statura morale, intellettuale e spirituale, il Palazzolo aveva appreso uno stile pastorale che sa coniugare fede e vita. Persuaso che la carità si fa storia non a parole, ma nei fatti non si è lasciato sorprendere dal canto delle sirene delle correnti culturali di moda, ma è rimasto uno spirito libero: ha tenuto il cuore a una temperatura indipendente dalla temperatura del proprio ambiente e nel solco della tradizione cattolica ha dato l’esempio di una vita senza indulgenze per se stesso. Ha dato tutto di sé, i suoi beni, la sua intelligenza e creatività, il suo tempo. Tutto per il Vangelo, tutto per i suoi ragazzi e giovani e tutto specialmente per gli orfani senza nessuno. L’accesso alla sua casa non aveva orario: giovani studenti e operai ne andavano e venivano a ogni ora del giorno; vi passavano liberamente anche molte ore della sera e pareva che la sua casa servisse alla comodità di tutti, eccetto che di don Luigi Palazzolo, lieto di servire gli altri e di essere sempre a disposizione di tutti.

I bergamaschi poi si rispecchiano nel nuovo santo: prete concreto e operoso che non fa una piega a fare il suo dovere, che cerca e trova soluzioni facili in tempo difficili, senza coreografie di luci e suono di trombe, senza sterili discussioni. Il criterio guida della sua azione si riassume in un motto che tiene insieme fede e vita, grande sensibilità di cuore e possibilità concrete. «Io cerco e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri, perché dove altri provvede, lo fa assai meglio di quello che io potrei fare; ma dove altri non può giungere, cerco di fare qualcosa io, così come posso».

Al Palazzolo non mancavano le qualità per stare sotto le luci della ribalta: era di famiglia benestante e aveva qualità intellettuali e artistiche per fare carriera, ma non si è lasciato attrarre dalle chiacchiere di salotto, che erano i talk show televisivi del tempo. Il prete classificato, prima dell’avvento dell’Unità d’Italia, come austriacante e poi dai liberal massoni come intransigente è sempre rimasto vicino alla gente comune della nostra città e dei nostri paesi alle prese con fame, malattie endemiche, analfabetismo.

Ha amato il nostro territorio pronto a incoraggiare tutti quelli che non volevano essere cristiani da balcone o da museo, ma cristiani di azione. Pochi sanno che il Palazzolo è stato vice assistente del Circolo San Luigi, uno dei primi germogli della Gioventù cattolica italiana, sorta in risposta all’appello di due studenti impressionati dall’influsso della massoneria nella società. Don Luigi Palazzolo intuì il carattere formativo dell’iniziativa che si proponeva di far uscire i giovani allo scoperto e di superare la paura a manifestare apertamente la fede, li invitava a partecipare e a non vergognarsi del vangelo. Da ultimo, la canonizzazione del prete che non lasciava mai desiderare il suo aiuto quando c’era opera buona da compiere è motivo di gioia per il volontariato attivo in tutta la bergamasca, ed è un invito non solo a continuare questa preziosa opera che contribuisce a tenere insieme il tessuto comunitario, ma anche a ritrovare nell’amore a dismisura del Cristo «ignudo sulla croce» la sorgente che lo purifica, lo rigenera e lo apre a nuovi orizzonti.

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