Per ricordare e ringraziare

La trepidazione di queste settimane è diventata dolore: il Papa è morto, Papa Francesco è morto. La notizia svuota. Le parole di monsignor Francesco Beschi, Vescovo di Bergamo.

Tutti lasciano un vuoto nella storia di un’umanità che è mortale; il Papa, Papa Francesco nella sua morte crea un vuoto nel cuore di tutti. Il vuoto è silenzio. Le parole che dicono il cuore tendono ad un riempimento: quello della preghiera, quello dei ricordi, quello del dolore, quello della riconoscenza e piano piano della consapevolezza del dono di Dio che Papa Francesco ha rappresentato per la Chiesa e per l’umanità.

Non basteranno giorni per dire queste parole: oggi condivido una semplice testimonianza. Anch’io come tanti ho vissuto la sorpresa e la meraviglia di un Papa «venuto dalla fine del mondo», delle sue prime parole, dei suoi gesti, delle sue scelte, anche quelle più minute.

«Vorrei ricordarlo come il Papa della gioia, della gioia del Vangelo»

Vorrei ricordarlo come il Papa della gioia, della gioia del Vangelo. Un uomo austero, a volte severo, ha voluto contrassegnare tutto il suo insegnamento e la sua missione all’insegna della gioia del Vangelo. Così la sua prima lettera Evangelii gaudium e tutti i suoi scritti più importanti, ma soprattutto così il suo sorriso, la sua parola, i suoi gesti, la sua testimonianza di vita. Capace di condividere sofferenze e drammi di ciascuno e dell’umanità, non si rassegnava ad un cristianesimo triste, cupo, polveroso.

Gioia come dono ai poveri

Una gioia come dono da offrire innanzi tutto ai poveri, a tutti i poveri, ad ogni povertà. Quella consapevolezza delle fragilità umane frutto della nostra stessa condizione, ma spesso anche dell’ingiustizia, dell’indifferenza, della violenza e dell’odio. Una catena umana di povertà che il Papa ha privilegiato come destinataria del Vangelo, della gioia del Vangelo. «Lo Spirito del Signore è su di me e mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri», può essere uno dei criteri per interpretare la sua missione.

Gioia frutto della Misericordia

Una gioia che è frutto della misericordia: è questa una delle connotazioni che ho avvertito fondamentali nel suo servizio. Il Vangelo, la persona di Gesù, il volto di Dio sono rivelazione della misericordia, capace di avvicinare, comprendere e risollevare ogni miseria, quella del peccato e le infinite miserie umane. Una misericordia proclamata e donata a tutti, specialmente agli umiliati, scandalosa per non pochi, come al tempo di Gesù. Una misericordia che assume contemporaneamente il volto del perdono e quello della cura per

«Una misericordia che assume contemporaneamente il volto del perdono e quello della cura per ogni ferito nel corpo e nello spirito»

ogni ferito nel corpo e nello spirito. Una misericordia che fa della Chiesa, la Chiesa di tutti: non solo perché accoglie tutti, ma perché ognuno è responsabile della vita della Chiesa e della sua missione. È il senso di quella dimensione sinodale che per molti è ancora incomprensibile, come la parola che la indica. Una gioia che ha assunto lo spirito di Papa Giovanni, da lui molto amato e molto ricordato: tantissimi i riferimenti all’insegnamento di Papa Giovanni e alla sua testimonianza, fino alla solenne canonizzazione unita a quella di Giovanni Paolo II, alla quale moltissimi bergamaschi hanno partecipato. Spirito e magistero di Papa Giovanni assunto da Papa Francesco, volto a sostenere ogni sforzo per la pace nel mondo. Il vuoto che avvertiamo nella morte di Papa Francesco è fortemente condiviso da tutti gli uomini di buona volontà impegnati per la pace di questa umanità lacerata, divisa e ostile, ma anche tesa a ottenere il dono della pace non solo per qualcuno, ma per ciascuno e per tutti.

Una gioia personale vissuta negli incontri con lui: dalla giornata indimenticabile della canonizzazione di Papa Giovanni, al pellegrinaggio dei giovani da Assisi a Roma; dalla telefonata nel pieno della pandemia all’ultima visita dei vescovi lombardi del febbraio scorso, durante la quale, al mio intervento sulla scelta della «vicinanza» come caratteristica della testimonianza evangelica, rispondeva con un sorriso e con il suo pollice alzato in segno di approvazione e di incoraggiamento. Ora lasciamo che riposi in Dio e nei nostri cuori, chicco di grano per un frutto di Vangelo che vogliamo coltivare per poterlo raccogliere.

*Vescovo di Bergamo

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