Quarantena
per il governo
Conte bis

Scienza, concordia, fiducia: sono i tre concetti del presidente Mattarella, che non ne sta sbagliando una, per assorbire le fibrillazioni di un quadro caotico. Torniamo ai fondamentali: conoscere per deliberare. Il messaggio è duplice. Ascoltate la scienza e fidatevi di lei. Unità d’intenti, che non è il governissimo, ma il richiamo ai principi di solidarietà. Andando oltre il pensiero del Capo dello Stato, si può dire che il paziente zero (il populismo virale) della prima epidemia nell’era dei social è già stato individuato: ora occorre curare i contagiati. Dunque, non è vero (ma lo sapevamo già) che «uno vale uno»: torna il primato del sapere, con gli scienziati protagonisti del nostro tempo. La prima settimana che ci ha cambiato la vita, un test per la psicologia di massa, s’è consumata nell’oscillazione tra appelli al buon senso e catastrofismo.

L’immagine del premier Conte nel bunker della Protezione civile voleva dire che il governo presidia la linea del Piave, in realtà ha comunicato uno scenario bellico da cataclisma naturale. Dietro l’angolo, nell’urgenza di tornare alla frenetica normalità di una stagione pur sempre eccezionale, c’è la ricerca del giusto mezzo nel segno del realismo, evitando improprie competizioni: fra le ragioni della salute individuale e pubblica e quelle del Pil, visto che i mercati finanziari sono già stati contagiati e ora potrebbe toccare all’economia reale.

Con il macigno del debito pubblico che abbiamo, siamo i più esposti agli choc esterni: reagire si può, avverte l’ex ministro Padoan, ma bisogna prepararsi anche alle prospettive più pessimistiche. Tuttavia, nella gerarchia dei bisogni e nella sintesi fra esigenze contrapposte, si deve ricorrere, tralasciando tutto il resto, alla Costituzione: là dove il diritto alla salute è un diritto fondamentale dell’individuo ed ogni sua lesione - come affermato dalla Corte costituzionale - è la lesione di un diritto proprio della persona. Il coronavirus colpisce soprattutto i più deboli e gli anziani: in questo è lo specchio del governo e di un Paese malato. L’Italia repubblicana, però, ha dato il meglio di sé nelle avversità: è vero e le eccezioni confermano la regola. Il governo, fra epidemia e rischio recessione, si deve misurare con un’emergenza fuori dalla norma. Per paradosso, la sua forza si risolve nella sua debolezza, tanto più che chi s’intesta l’alternativa deve essere consapevole di quel che l’aspetta: vasto programma, si direbbe, e soprattutto costi alti in termini di aspettative dell’opinione pubblica.

Le elezioni le vuole solo Salvini e l’ipotesi del governo di unità nazionale non sta in piedi. La sopravvivenza è data dai tempi dell’agenda. A fine mese il referendum sul taglio dei parlamentari, poi le urne in 7 Regioni. In estate non si vota, a settembre il tormentone della manovra finanziaria e chi la realizza si consegna all’impopolarità. L’anno prossimo si vota in diverse grandi città, Milano compresa, e a giugno scatta il semestre bianco. Stop a tutto, in attesa dell’ora X: l’elezione del presidente della Repubblica. Non ci sono grandi spazi di manovra, almeno sulla teorica tabella di marcia, per affondare un governo che vive una condizione surreale: deve governare una congiuntura eccezionale trovandosi minoranza nel consenso reale del Paese, con un Nord che sta all’opposizione e che nel mentre è investito in pieno dal virus. L’arrivo del «cigno nero», dell’imprevisto, è possibile e per taluni probabile, ma in politica non c’è nulla di più duraturo di ciò che è precario: il convergere dei tanti paradossi può rivelarsi un antidoto per il Conte 2. Pure lui condannato alla quarantena.

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