
L'Editoriale
Sabato 31 Maggio 2025
Quei delitti presidiati dai seguaci della fiction
ITALIA. Cogne, Novi Ligure, Avetrana. Era cronaca nera, poi è diventato intrattenimento. Ci sarà anche una continuità con i grandi processi spettacolo degli ultimi decenni, oramai raccontati in mille modi – tg, talk show del pomeriggio e della sera, fiction, podcast - ma quello di Garlasco sembra aver sorpassato tutti i limiti.
Abbiamo superato il punto di non ritorno – se ne esiste uno – e forse noi che lavoriamo nell’informazione dovremmo fare un esame di coscienza. C’è un salto di qualità nell’esposizione mediatica del delitto di Chiara Poggi? Probabilmente sì e dipende dal ruolo dei social media, i nuovi alleati della Tv del dolore. Ogni singolo evento della riapertura del caso è sminuzzato dai social, da questo coro greco fatto di moltitudini felici di dire la propria in una delle inchieste più intricate e difficili della storia, finendo per interagire con programmi e telegiornali.
Ci si dimentica la tragedia di una ragazza uccisa a 26 anni, cristallizzata in poche immagini che risaltano i suoi grandi occhi azzurri, come se si trattasse di Laura Palmer nella locandina di Twin Peaks. Si perde completamente il senso della realtà
Garlasco si è trasformato in un gigantesco Cluedo mediatico, dove tutti cercano di risolvere il caso, improvvisandosi investigatori. Ci si dimentica la tragedia di una ragazza uccisa a 26 anni, cristallizzata in poche immagini che risaltano i suoi grandi occhi azzurri, come se si trattasse di Laura Palmer nella locandina di Twin Peaks. Si perde completamente il senso della realtà. Ci si dimentica che si tratta di una persona vera - carne, sangue, ossa, muscoli, pensieri, ricordi – alla quale si è tolta la vita nel fiore degli anni, che ci sono dei genitori imprigionati in un dolore atroce continuamente risvegliato, un dolore senza prescrizione che non dà loro pace, che continuerà a pesare sulle loro giornate come una pena accessoria, soprattutto fino a quando non ci sarà la certezza di un colpevole.
La folle corsa del circo mediatico
E così il grande circo mediatico continua la sua danza macabra nel proporre sempre nuove rivelazioni, provare a intervistare le tre famiglie coinvolte in questa tragedia, facendo loro la posta ovunque sia o specializzandosi nello «stand up» davanti al citofono, somma abilità giornalistica. Chiamare i genitori e chiedere a bruciapelo, attraverso un microfono a muro: «Avete chiesto perdono ai genitori della vittima?», oppure «Che cosa prova da madre?», e ancora: «Come si sente dopo la riapertura del caso»? E se non rispondono tanto meglio: il silenzio fa audience. Il tempo trascorso dalla tragedia introduce una distanza che i media tendono a colmare trasformando il fatto in fogliettone, come si dice in gergo giornalistico.
E quando interviene la politica
Interviene persino il ministro della Giustizia, politicizzando la vicenda. Intanto, i social media esplodono di commenti. E la televisione, che agisce come una spugna, raccoglie tutti quei rimasugli e frulla tutto. Come un gioco di specchi che si riflettono all’infinito, social e tv fanno rimbalzare notizie e commenti tra di loro, immagini di repertorio vengono smembrate, analizzate, rielaborate sugli schermi. Tutti si esercitano a identificare assassino, arma del delitto e movente, si passa dalle piste sataniche agli intrighi familiari, dagli amori malati alle rivalità di paese, in un ping pong dove non si capisce dove finisce la realtà e inizia la fiction. Tutto in diretta senza la minima mediazione temporale, mentre i poveri malcapitati coinvolti nelle indagini vengono mostrificati senza pudore, condannati, indagati, testimoni, sospettati, colpevoli o innocenti che siano.
È sempre stato così? Sì e no, perché l’oceano silenzioso degli spettatori del «cold case» ora ha la possibilità di scrivere, commentare, intereagire, assolvere o condannare, sotterrando la pietà, la verità, la dignità. Non si tratta solo di due chiacchiere tra amici al bar o al lavoro, in questo caso tutti si sentono protagonisti, liberi di scrivere qualsiasi cosa. E all’orizzonte sembra che non ci sia nulla che possa fermare questa indecente valanga mediatica.
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