Quei sindaci baluardi delle nostre comunità

Bergamo. Sono stati tre giorni comunque intensi, dove i sindaci si sono davvero fatti sentire come «la voce del Paese», fil rouge della XXXIX assemblea nazionale dell’Anci.

Uno di fianco all’altro, dal grande Comune metropolitano al piccolo paese di provincia: tutti accomunati da quella passionaccia per la politica e l’amore per le proprie comunità. Fieri nelle loro fasce tricolori, entusiasti come bambini davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accolto come una rockstar e applaudito a scena aperta. Entusiasti sì, ma anche oggettivamente delusi davanti all’assenza della premier Giorgia Meloni, presente solo con un collegamento video: applaudito, ma senza quella partecipazione che si era sentita (in ogni senso) con Mattarella e in una sala comunque con ampi vuoti.

Nessun dubbio sulla validità delle ragioni istituzionali che hanno trattenuto la Meloni a Roma: il momento è delicato da molti punti di vista, ma forse i sindaci meritavano la sua presenza de visu. Sorvolando su un mero calcolo di convenienza politica come leader di un partito che sulla carta ha fior di voti, ma in molte zone del Paese una classe di amministratori tutta da costruire. Insomma, anche solo una toccata e fuga sarebbe stata molto apprezzata, e ieri si è percepito benissimo dalla platea.

Dall’assemblea dell’Anci è comunque emerso un quadro di un Paese che se tiene lo fa dal basso. Con l’impegno quotidiano di migliaia di sindaci che a tratti sfiora il volontariato, spesso abbandonati al proprio destino e alle prese con un sistema burocratico e legislativo che sembra studiato apposta per mettere i bastoni tra le ruote. Nel suo intervento la Presidente del Consiglio li ha definiti «coraggiosi», e in effetti ci vuole un discreto fegato ad apporre la propria firma su provvedimenti che hanno riflessi immediati e sul quotidiano. A chilometro zero, potremmo dire, nel senso di impatto sociale più che prossimo, perché la maggior parte dei Comuni di questo complesso Paese sono medio-piccoli e ci si conosce davvero tutti. E il sindaco è un baluardo della comunità, da difendere e tutelare.

Si è parlato di semplificazione (e il tema riguarda tutto il complesso apparato dello Stato), della necessità di regole certe, ma anche - e soprattutto - del paradosso dei fondi di un Pnrr che rischiano di non essere messi a terra perché non ci sono le risorse umane per gestirli. E come potrebbe essere diversamente in realtà dove il sindaco fa quasi tutto da solo, oppure un segretario generale gestisce una decina di Comuni, per tacere di strutture tecniche falcidiate da tagli senza requie che fanno fatica a gestire l’ordinario, figuriamoci il resto?

Ma la vera spada di Damocle è un sistema talmente farraginoso e indefinito dal punto di vista normativo dove basta un nulla per beccarsi un’accusa di abuso d’ufficio. E attenzione, il 93% si risolve poi regolarmente con l’assoluzione, ma nel frattempo si rovinano delle vite, delle famiglie. Uomini e donne che non fanno i politici di professione, ma per passione. Ecco, su questo punto non sono più ammissibili ritardi di alcun genere: servono norme, semplici e chiare. «La funzione dei sindaci va tutelata» come ha ricordato Mattarella. Perché «sarebbe una sconfitta per la democrazia se si facesse strada l’idea che l’esercizio delle funzioni di sindaco, oltre a essere faticoso, è così gravato da rischi da giungere quasi all’impraticabilità». Parole da scolpire nella pietra e che dietro le fasce tricolori hanno fatto battere i cuori di tutti i presenti in questi tre giorni. Che non sono stati solo una passerella, sicuramente non per i sindaci.

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