Sbaragliare la logica di Caino: passa da qui la strada verso la pace

Non ci sta a misurare il grado di disponibilità alla guerra o alla pace. Né intende discutere sulle armi da rendere disponibili per una guerra necessaria ad arrivare alla pace. È preoccupato dell’odio che cresce e di un conflitto senza fine. La Pasqua drammatica di Papa Francesco non ha lasciato spazio ad altre interpretazioni, e ha confermato la linea che fin qui ha tenuto la Santa Sede, anche davanti ad un clima più deteriorato confermato dalla protesta garbata, ma intransigente, degli ucraini, governo e vescovi, di far portare la croce a due donne, russa e ucraina, alla Via Crucis del Venerdì Santo e dalle analisi di molti vescovi ucraini intervistati dai media internazionali, irritati per una presunta freddezza vaticana davanti alla eroica resistenza di Kiev all’aggressore russo.

L’appello per una tregua pasquale lanciato da Bergoglio alla Domenica delle Palme non è stato raccolto e così il giorno di Pasqua il Papa ha amaramente ammesso che lo spirito di Caino continua a governare il mondo e il rischio è quello di abituarsi alla guerra. La Risurrezione, l’annuncio delle donne ai discepoli increduli, dovrebbe invece cambiare gli schemi e sbaragliare quegli egoismi collettivi e individuali che portano alla guerra. Sta tutto qui il senso dei ragionamenti di Francesco che hanno percorso le celebrazioni pasquali dalla Messa della veglia al Messaggio Urbi et Orbi, alle parole di ieri al Regina Coeli in piazza San Pietro all’incontro con gli adolescenti italiani, sempre in piazza San Pietro.

Il nodo da sciogliere riguarda la riconciliazione che è poi la questione posta nel gesto della XIII Stazione della Via Crucis del Venerdì Santo. Alle critiche il Papa ha risposto disponendo una preghiera silenziosa, perché il silenzio a volte vale mille parole. Poi ha rilanciato la sfida alla guerra e al «cainismo», ultima invenzione sintattica di Bergoglio, che tuttavia definisce con efficacia ciò che accade in questi giorni e potrebbe anche accadere domani se la pace che si troverà sarà una pace armata e la riconciliazione una sorta di lottizzazione delle colpe, di spartizione della paura segnata dalla rassegnazione e dal fatalismo. Bergoglio resta convinto che per arrivare alla pace e soprattutto per mantenerla, correggendone le fragilità, si debba cambiare la geopolitica e riparare le divisioni tra i popoli e anche tra i cristiani. Come? Lo ha detto nella notte di Pasqua: «Senza tatticismi e opportunismi».

Bergoglio sbaraglia la logica del mondo, la logica di Caino, che guarda Abele come un rivale e non come un fratello e deve trovare il modo per eliminarlo. Il Papa a Pasqua ha chiesto di rinunciare a questi piani, perché, si è visto nel corso della storia, non funzionano. Per sottolinearlo ha citato il Manifesto (dimenticato) degli Scienziati del 9 luglio 1955: «Metteremo fine al genere umano o l’umanità saprà rinunciare alla guerra?».

Non c’è altra domanda, basta guardarsi intorno ad osservare le macerie di conflitti infiniti e di infinite contese, paci zoppe mai risolte dagli equilibri di geopolitiche che non centrano gli obbiettivi della verità e della giustizia, preoccupate solo di distribuire un po’ di libertà, un po’ di stabilità, naturalmente fino al prossimo inciampo. Jorge Mario Bergoglio non si fida affatto che le cose possano cambiare con le attuali leadership. Ed ecco allora che, per chiudere il cerchio della lezione pasquale, è andato a spiegarlo agli adolescenti, quelli, ha detto, «che hanno qualcosa che i grandi alle volte hanno perduto», e cioè «il fiuto della verità». E li ha invitati ad illuminare le crisi per vincerle. Naturalmente con una luce diversa.

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