Se il governo dice nel Def che servono immigrati

ITALIA. Bisognerebbe smettere di chiamare emergenza – e sancirla per decreto con durata mesi sei - la quotidiana cronaca che ci parla (è accaduto anche ieri) di barchini o barconi rovesciati, di morti, di dispersi e per fortuna di esseri umani salvati dalla Guardia Costiera.

Perché la parola emergenza è fuorviante. Fa pensare che il fenomeno sia passeggero, anche se dura da oltre vent’anni e se in tutto il mondo è ormai strutturale. Quanti immigranti traverseranno il Mediterraneo solo per la crisi in Sudan? Se in questi primi mesi, gli arrivi dei barconi sono quasi decuplicati, si può fare ironia, dato che è in carica il Governo più anti immigrazione di sempre, ma a cosa servirebbe? Sarebbe ora di essere realisti.

Eppure, solo settimana scorsa, il Parlamento ha varato nuove leggi emergenziali, correndo dietro le emozioni di Cutro, aumentando le pene per gli scafisti, anche se spesso sono tra le vittime dei veri trafficanti, o rimodulando le poche flessibilità esistenti, come le protezioni speciali. Di nuovo proclami, anche se non si parla più dei cosiddetti «blocchi navali», evocati per anni da Giorgia Meloni, o di immaginari respingimenti e rimpatri di massa. Mai visti.

Eppure è lo stesso Governo che, a firma del ministro Giorgetti, nel Def varato nei giorni scorsi, racconta l’immigrazione in tutt’altro modo, addirittura come occasione per combattere il più grande nemico dei conti pubblici nazionali, il debito.

La questione della necessità vitale di occupazione straniera aggiuntiva non è nuova, gli imprenditori l’hanno denunciata più volte, ma questo documento è illuminante, perché per la prima volta mette in relazione immigrazione e andamento del debito. Da quest’ultimo dipende il futuro del Paese, insieme alla questione, collegata, della demografia, che ha fatto prevedere a Elon Musk che «l’Italia sparirà».

Dentro il debito c’è tutto: le entrate e le uscite, il Pil, l’occupazione, il presente, il futuro e le debolezze del passato, anche quello più recente, che pagheremo per anni, altro che «gratuito», come da propaganda alla Giuseppe Conte. Siamo oggi con debito al 144% del Pil e ci è andata già bene, grazie alla ripresa 2021 e 2022, perché solo il Covid ci doveva portare al 160%. Il Def prevede una piccola discesa al 140,4% entro il 2026.

La crescita del Pil è giusto quella che può abbattere l’effetto di un debito che cresce in valore assoluto. A gennaio siamo arrivati a 2.772 miliardi, aggiungendone 21 a quelli di dicembre. Solo il 1° maggio se ne aggiungeranno 3. Come invertire questa tendenza? La leva, dice il documento di Giorgetti, è l’immigrazione, altro che abolizione delle protezioni speciali, facendo diventare clandestini altri 20mila disperati che oggi lavorano. Sono ipotizzati tre scenari.

Il primo lascia i numeri così come stanno andando oggi e si prevedono 10 punti di debito percentuale in più: 154%. Oppure si corregge la tendenza, con scelte del tutto politiche, perché si tratta di assecondare oppure no le spinte difensive ed emotive, quelle che sembrano ispirare la presidente del Consiglio, che in questi giorni scavalca tutti, anche Salvini, perché la competizione, in attesa che Elly Schlein parli, è sempre dentro la maggioranza.

Nel caso si volesse tagliare del 33% la pressione migratoria, ebbene l’effetto sul debito passerebbe dalla base 144% al 200%. Pieno Sudamerica. Ultimo scenario del documento Giorgetti: se aumentiamo del 33% l’arrivo di immigrati, il debito scende sotto il 130%! D’altronde, se gli agricoltori denunciano 200mila persone mancanti sui campi e il turismo in gran forma ne vorrebbe altrettanti, il Pil, da solo, non può certo abbattere il numeratore del debito. Di fronte a questi scenari occorrerebbe – così come sul Pnrr – una risposta forte che unisca maggioranza e opposizione, in uno spirito nazionale ed europeo vero. Si tratta di impostare una nuova politica, che chiuda col passato oltranzista così come con quello buonista. Su immigrazione e demografia (lo scorso anno: 7 neonati/12 decessi) occorre uno sguardo lungo, tipo quello francese che ci sta lavorando da 20 anni. Se invece vogliamo andare avanti con il derby infinito, prepariamoci a prorogare cento volte lo stato di emergenza.

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