Si va a scuola come si può
è una grande giornata

Centosei giorni, dal 23 febbraio all’8 giugno. Erano i 106 giorni residui dello scorso anno scolastico, che i nostri ragazzi hanno trascorso a casa. Chi attaccato a schermi giganti e connessioni con fibra all’ultima moda, chi appeso a linee tremebonde su smartphone a manovella, che l’insegnante pareva in diretta dalla Papuasia. La didattica a distanza ha fatto quel che ha potuto: sforzo ammirevole di tutti, anche perché prodotto senza protocolli, sperimentazioni, circolari del ministero. Ma adesso suona la campanella, non più la suoneria di Skype.Poi, certo. Dal momento della sveglia a quello del rientro a casa, sarà tutta un’altra routine. Nello zaino non solo quaderni e merendina, ma anche mascherina da non dimenticare. Fuori da casa, tutto cambiato. L’autobus al volo di fantozziana - ma anche studentesca... - memoria: un ricordo. Almeno si spera.

Non si sa fino a che punto l’80% della capienza sui bus potrà garantire un adeguato distanziamento: di certo, è un compromesso necessario e i disagi saranno compagni di scuola naturali. Le case sono rimaste dov’erano, le scuole anche, le strade sono ancora quelle di febbraio. Gli autobus non si possono moltiplicare, occorrerà fare sforzi supplementari, serviranno dosi ulteriori di pazienza. Soprattutto per chi viene da più lontano, per chi abita la montagna, o la bassa bassa.

Non sarà normale l’ingresso a scuola: file più o meno indiane, misurazioni, moduli e autocertificazioni. Non saranno normali le lezioni, a gruppi, gruppetti, con la mascherina o senza, scaglionate per forza di cose. Non sarà normale la ginnastica, o la mensa per chi ce l’ha. Non sarà normale l’uscita da scuola: la stessa fila più o meno indiana, e il prevedibile - ma evitabile, altrimenti che senso ha tutto il resto delle precauzioni? - assembramento al cancello di genitori o nonni o tate, che il ritiro del giovanotto pare la corsa per il posto al finestrino.

Ecco qui, insomma, tutto l’elenco di quel che da oggi non sarà più «normale». O meglio: tutto ciò che sarà da accettare come nuova normalità, stante la presenza del Covid, ammesso come alunno invisibile nelle scuole di ogni ordine e grado. Certo che qualcosa non funzionerà a dovere: ma forse non funzionava nemmeno prima. Certo che nei mesi scorsi si sarebbe forse potuto fare qualcosa di diverso. Certo che abbiamo questa ministra un po’ così, che ogni tanto vien da rimpiangere i grigi ministri del passato remoto. Certo tutto questo.

Però oggi occorre uno sforzo per lasciar da parte i brontolii, le lamentele. Non per quieto vivere, ma per preservare il sorriso che da stamattina farà capolino sui volti dei ragazzi. La sveglia sarà meno pesante del solito, perché si torna a scuola e per sentire bene quel che dice il prof non sarà necessario sperare nel 4G: basterà la cara, vecchia attenzione. Godiamocelo, questo giorno. Anche se la normalità è diversa da prima, e anche se l’odor di retorica esce dalle aule e riempie i corridoi: il Covid ci ha piegato ma non vinto, e questa prima campanella magari non è una rimonta al 90’, ma quantomeno è un gol che tiene aperta la partita.

E state sicuri che ai ragazzi limitazioni, mascherine e precauzioni e nuove regole fanno meno paura e danno meno fastidio che agli adulti. Conta, per loro, soprattutto quel che accade stamattina. Conta mettersi alle spalle la distanza, il senso di vuoto che uno schermo non può riempire nemmeno se è il migliore del mondo. Conta ritrovare volti e voci, noti o nuovi in fondo importa poco.

Vestiteli bene, lustrate lo zaino, rimpinzate l’astuccio di penne nuove. E sorridete, che comincia la scuola. Buona giornata, giovani avide menti.

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