Tasse, le begucce non servono

ITALIA. Mentre molti indicatori economici segnalano risultati positivi, a guastare la festa c’è il dato sulla pressione fiscale.

Nel momento in cui molti indicatori macroeconomici segnalano alcuni risultati positivi, in particolare l’occupazione, la festa sembra guastata dal dato sulla pressione fiscale (più 1,2% nel 2024 e più 0,5 per ora quest’anno). È quella emotivamente più sensibile. Al grande pubblico interessa poco il ritorno in positivo, sia pur solo 0,1%, dell’avanzo primario, che pure è un bel segnale. Le tasse sono una bandiera politica, soprattutto a destra, e sentirsi dire che le hai aumentate, è fastidioso, perché devi spiegare a impiegati (fiscal drag più 5,5) ed operai (più 2,3) che dovranno versare 370 milioni in più (dati dell’Ufficio Parlamentare Bilancio), pur dopo una riforma di decontribuzioni, accorpamento di aliquote, e bonus. Eterogenesi dei fini.

Sembra una presa in giro, ma per onestà intellettuale non si può certo addebitare ad una maligna volontà governativa. La vera presa in giro, vista l’evasione, sono piuttosto i discorsi sul condono di Salvini. È semplicemente l’effetto (non ben valutato, questa la colpa del Mef) proprio del fiscal drag: «Con la progressività è aumentato anche l’effetto di drenaggio fiscale», dice l’Upb.

Negli Stati Uniti

Quello in malafede se mai è Donald Trump con la sua legge di spesa «Big Beautiful Bill», che taglia 4.500 miliardi di tasse (più 3.300 di debito), e li concentra sui più ricchi: 12.500 dollari in meno a chi ne guadagna 200mila, 150 a chi ne guadagna 35mila. Non bastando, ci sono poi tagli sui buoni pasto e sulla sanità, con 12 milioni di persone a rischio.

Il leader democratico della Camera, che ha parlato per quasi nove ore, ha evidenziato che incidendo sul Medicare e Medicaid «tanta gente morirà» per «soldi rubati ai più deboli tra gli americani».

C’è la stessa logica che a livello esterno ha chiuso il programma che risaliva addirittura a Kennedy e che nei decenni ha salvato milioni di persone dei Paesi poveri dalla fame e dalle malattie, esponendone ora almeno 40 milioni di persone a questo rischio.

La contraddizione

Non si era detto che il populismo trumpiano aveva coccolato i miliardari ma pescato voti negli strati più bassi, che protestavano contro l’ineguaglianza e contro la supponenza woke delle classi dirigenti? È così in tutto il mondo: sinistra che vince nelle città e nei quartieri ricchi, destra che fa il pieno nel disagio e nella lontananza di campagna e periferie.

È una delle tante contraddizioni del nostro tempo, ma attenzione. Il Bilancio entra in vigore subito per quanto riguarda i tagli fiscali, ma è rimandato a dopo le elezioni di midterm per quanto riguarda la spesa. Spregiudicato sì, ma furbetto, the Donald. Problemi Usa, si dirà, ma ricadono sull’Italia perché ci toccano molto da vicino questioni chiave correlate, come i dazi e l’incremento della spesa della difesa.

Le beghe da talk show

E allora la nostra questione fiscale - big e non beautiful - deve essere sottratta alle beghe poco serie da talk show e affrontata in modo globale, perché è il punto di arrivo e di scioglimento, o no, di molti nodi, cosa che è tanto complicata che richiederebbe una classe politica di statisti, non di liste bloccate dai capi. Il meglio che abbiamo è un ministro dell’Economia bravo quando resiste alle gomitate del populismo interno. Vanno risolte questioni di enorme portata culturale e politica. Al primo posto quella demografica, poi dell’equilibrio (e dei soldi) da trovare per combattere la crisi climatica, il rilancio industriale basato su una vera produttività (in 30 anni noi abbiamo fatto più 3%, gli altri più 30%), la necessaria attenzione alla sicurezza nazionale, senza la propaganda su costi del tutto inventati ma comunque rilevanti, da trovare senza incidere sul welfare. Possibile solo se i grandi partiti convergono sull’essenziale, non sul darsi reciprocamente dell’irresponsabile. Questioni epocali, decisive contro il declino italiano ed europeo, cui si affianca l’ordinaria amministrazione: sanità, scuola, burocrazia e tanti eccetera come nucleare da riavviare, siderurgia e auto da salvare, Pnrr da attuare davvero.

È il vasto programma di un Paese da rinnovare, che avrebbe bisogno di convergenza nazionale e di riforme diverse da quelle elettorali. Altrimenti corriamo e corriamo restando sempre fermi, come il coniglio di Alice, senza neppure essere un Paese delle Meraviglie.

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